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La verità di Hancock "Sei jazz se scegli la via più difficile"

Dal meraviglioso "Rockit" a "Blow up" di Antonioni: la sua autobiografia conferma la strabiliante parabola di un musicista ancora decisivo a 75 anni

La verità di Hancock "Sei jazz se scegli la via più difficile"

A metà anni Sessanta il Miles Davis Quintet è al massimo del suo splendore. Un giorno sta tenendo un magico concerto a Stoccolma: il batterista minorenne Tony Williams è indomabile, Ron Carter fa pulsare il contrabbasso, Wayne Shorter suona come un indemoniato. Tutti seguono la corrente della musica... La band sta eseguendo So What, Miles apre la strada all'assolo e un attimo prima di scatenarsi fa un respiro. «Proprio in quel momento - scrive Herbie Hancock nella sua autobiografia Possi bilities - io suono un accordo completamente sbagliato. Non so come mi sia venuto ma è l'accordo sbagliato nel momento sbagliato, che ora è lì che penzola in bella vista come un frutto marcio. È come se avessimo costruito una meravigliosa casa sonora e io le avessi dato fuoco». Miles non fa una piega, e suona una serie di note che fanno sembrare giusto l'accordo, portando il brano in una direzione nuova. Il pubblico è in delirio... Hancock ci mise anni a capire cosa accadde quella notte, che fu fondamentale per la sua vita di uomo e artista. Hancock aveva «giudicato» l'accordo; Miles invece l'aveva raccolto come una sfida e, non giudicandolo, l'aveva assecondato e trasformato in qualcosa di incredibile. «Tutti noi siamo istintivamente portati a imboccare la strada più sicura - ammonisce Hancock - ma questa è l'antitesi del jazz, che per sua natura si fonda sul qui e ora. Jazz significa essere dentro il momento in ogni momento. Significa fidarti della tua capacità di reagire al volo. Se ci riesci, non smetterai mai di esplorare e di imparare». Non per niente Herbie Hancock, re del pianoforte, comincia la sua autobiografia con questo episodio, che farà da guida alla sua monumentale carriera, partita con la musica classica e passata dai meravigliosi suoni acustici dei V.S.O.P. agli azzardi elettronici degli Headhunters, dalle pulsioni afro dei Mwandishi ai duetti con Chick Corea o addirittura con Giorgia, da successi mondiali (riletti anche in chiave latin jazz e pop da numerosi artisti) come Watermelon Man , scritta ricordando l'uomo delle angurie che girava urlando per le strade della natia Chicago a Mayden Voyage (originariamente nata per uno spot pubblicitario) , da un disco commerciale di enorme successo come Rockit alla colonna sonora di Blow Up di Antonioni. Una vita sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, di diverso. Curioso e virtuoso del pianoforte, questo è Hancock che entra nel mondo della musica in modo semplice e naturale... Da bambino è un piccolo prodigio. A 11 anni suona il Concerto per pianoforte n.18 in si bemolle maggiore K 456 di Mozart sorprendendo i professoroni della Chicago Symphony Orchestra. Ci mise un anno a impararlo e vinse un concerto come pianista della Chicago Symphony, ma gli venne comunicato che per partecipare allo show avrebbe dovuto imparare un altro pezzo perché non si trovavano le parti orchestrali di quel particolare concerto. Così in due mesi suonò a menadito il n.26 il re maggiore e quello fu il suo primo trionfo. Una settimana più tardi Herbie andò al recital della pianista inglese Julia Myra Hess che eseguì il concerto n.18. Ancora oggi la star del jazz si domanda se avessero recuperato le parti orchestrali o se avessero accampato quella scusa per ostacolare un ragazzino nero cresciuto nell'America degli anni '40 e '50.

Onnivoro di musica, Herbie suonava musica classica ma cantava R'n'B (i brani dei Ravens, dei Four Freshmen ecc) nelle strade di Chicago, dove è cresciuto e si appasionava al jazz. Rimase completamente folgorato quando vide un giovane amico suonare il pianoforte improvvisando. Come si farà a suonare così? Si chiese. Devi imitare i dischi di George Shearing, gli disse l'altro. Il college gli divenne subito stretto, a 18 anni era già un sessionman richiesto da personaggi come Coleman Hawkins, l'uomo che aveva reinventato il sax tenore e da lì, grazie ad una serie di concerti nei piccoli club, entrò nella band di Donald Byrd, che divenne ufficialmente il suo mentore e lo portò a New York, e lo presentò a Davis che nel '63 aveva sciolto il suo Great Quintet e cercava di metterne insieme uno nuovo. Miles, Herbie e Donald Byrd si incontrarono a casa di Miles che dopo cinque minuti disse: «Suonami qualcosa». «Io mi sedetti al piccolo piano verticale che aveva in soggiorno e suonai Stella By Starlight, il pezzo meno rischioso che mi venne in mente. Ero nervosissimo, ma probabilmente non feci una pessima figura, perché alla fine lui disse: “Bel tocco”».

Un anno dopo arrivò la telefonata, laconica: «Ti aspetto domani all'una e mezzo»... Così, senza neppure sapere a che indirizzo recarsi, Herbie Hancock partiva per la sua corsa verso la gloria che è ancora lontana, a 75 anni, dalla fine..

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