Controcultura

Dall'amore in macchina ai rifiuti di Spadolini

Guido in un momento imbarazzante E nei difficili rapporti con gli editori

di Linda Terziroli

In una stradina secondaria, una via chiusa, non lontano dall'imbocco dell'Autostrada dei Laghi, un uomo e una donna si baciano, appassionatamente, a bordo di una macchina. Il gioco dell'amore si fa intenso e i due non si accorgono di essere osservati. O forse sì. La macchina ha le tendine, ma si intravede, si intuisce comunque la scena da fuori. Il gioco delle ombre. Dalle finestre di una villa affacciata su quella stradina, due bambine guardano, curiose e incollate alle finestre della loro cameretta al piano di sopra, ridono ammiccanti e divertite. Hanno scostato la tenda, per guardare meglio. Si vede che lo spettacolo si è già ripetuto, sotto ai loro occhi bambini, in altri giorni. Si sono messe d'accordo con la cameriera, che, per farle divertire, le chiama sempre. Lui è un bell'uomo, la camicia sbottonata sul davanti, lo sguardo impertinente e fiero, ha quasi trent'anni. Lei, più giovane, mora e dalle morbide curve, è una bella ragazza, dai tratti mediterranei. Incuriosita, la madre delle due bambine, sale a cercarle e le sente ridere e scherzare alla finestra, dietro le tende chiare. Per loro è un gioco. Ma visto che la faccenda si prolunga, la madre, con fare deciso, apre, rumorosamente, la finestra e si rivolge a quell'uomo: «Scusi, non sa che nelle case ci sono le finestre?». Quell'uomo, apparentemente, in nessun modo toccato dal rimprovero, ribatte con insolenza. La madre delle bimbe allora risponde piuttosto seccata: «La compatisco perché è un ragazzo». «Non potrei dire altrettanto di lei» le risponde, divertito, l'uomo. È il 1942 e Maria Bruna Bassi ricorda così il primo incontro-scontro con Guido Morselli. «Non potei fare a meno di ammirare la prontezza di spirito, anche se non ne fui lusingata. Non sapevo che fosse un Morselli. Non l'avevo visto mai. O era militare o in casa, durante le nostre visite, non si mostrava e non le ricambiava». In Un dramma borghese, romanzo dei primi anni Sessanta, Teresa e il padre della sua amica Mimmina, io narrante del romanzo, per una stradetta laterale, vicino a Melide sul lago di Lugano, in pieno giorno, fanno all'amore. È una scena dipinta con molta delicatezza, l'atteggiamento timido e collegiale della ragazza, la ruvidezza dei modi del giornalista, un uomo maturo. «Mi afferra a mezza persona, mi preme contro il suo viso con una abbandonata dolcezza così confidente e felice che io per un attimo penso: ma è amore!, e resisto per un attimo a una felicità che coglie anche me, avventizia, irresponsabile». Ma poi il pensiero corre, nell'uomo, non senza rimpianti, alla sua amata Hilde, la moglie morta, in un incidente, la madre di sua figlia, Mimmina.

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Sulla cartella grigio azzurra che conteneva la corrispondenza con le case editrici, i Rapporti con gli Editori, come aveva scritto due volte, Guido aveva stilizzato, a matita, sulla parte alta, un fiasco, ormai assai consumato dal tempo. Il mondo editoriale era diventato di fatto, per lui, inaccessibile. Le sue stupende opere letterarie non trovavano mai un sentiero di pubblicazione. Ce lo ricorda Valentina Fortichiari in Linea d'ombra, in cui si trovano le interessanti lettere attinte da questa cartella. Le lettere contengono consigli, calorosi inviti a snaturare l'oggetto della proposta editoriale. Come si può vedere, dalle lettere dell'impegnatissimo Giovanni Spadolini, in primis.

«Firenze, 5 ottobre 1953

Gentilissimo Signore,

Ho letto con grande interesse il suo piano relativamente ad un libro sulla crisi delle monarchie moderne. Sarei felicissimo di aderire alla Sua iniziativa, e di darvi un contributo, se una catena schiacciante di impegni precedentemente fissati non mi impedisse di assumere altri lavori (...) Se un consiglio Le posso dare, è quello di non indulgere troppo alle classificazioni e alle distinzioni sociologiche. Faccia pure un libro a carattere divulgativo, raggruppi vari tipi di monarchie; ma non estragga, da certi avvenimenti, significati che spesso non hanno. Troppo presto, poi, per impostare il problema delle ragioni del referendum nel 1946, in Italia. Vi sono ancora parecchi elementi, di ordine storico, da illuminare (...).

Giovanni Spadolini».

Da Bologna, il 12 gennaio 1959, Giovanni Spadolini scrive un'altra lettera indirizzata a Guido, che ha tutta l'aria di essere una giustificazione del rifiuto: «Gentile dottore, La ringrazio delle Sue gentili parole e del Suo cortese ricordo. Sarei stato lietissimo di venire incontro al Suo desiderio se, purtroppo, non me lo vietassero le difficoltà obiettive in cui si trova il Carlino per le collaborazioni. Accanto ai numerosissimi schiaccianti impegni con i collaboratori di vecchia data (...

), c'è il complesso dei collegamenti vincolanti con i quotidiani della stessa catena».

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