Referendum 2011

De Magistris e la banda dei furbetti del nucleare

Dal neosindaco di Napoli alla Serracchiani, dalla Toia a Vattimo:ora sostengono il "sì", ma nel 2009 a Bruxelles votarono a favore della costruzione di reattori in Europa

De Magistris e la banda  
dei furbetti del nucleare

Ora pronunciano una sola parola: sì. Sì al referendum e no al nucleare. Ma ieri erano tutti dall’altra parte della barricata: avevano sposato la politica dell’atomo e messo in conto una nuova generazione di centrali nucleari in Itala. Sorpresa: prima di Fukushima e prima della corsa al quorum si erano convinti che il nucleare non fosse così male. L’aveva accettato Luigi De Magistris, il neosindaco di Napoli e numero due dell’Italia dei Valori, il movimento che si è speso più di ogni altro partito per portare gli italiani alle urne. L’avevano accettato Patrizia Toia e Debora Serracchiani, europarlamentari del Pd che adesso non ne vogliono più sapere. L’avevano accettato l’ex sindaco di Firenze Leonardo Domenici e l’ex primo cittadino di Bologna Sergio Cofferati. L’aveva accettato un filosofo prestato alla politica e all’Italia dei valori come Gianni Vattimo.

Non ci sono dubbi. E fa una certa impressione osservare la parabola di chi aveva scelto una soluzione e ora la ripudia rivendicando quella opposta. Il testo votato dall’europarlamento il 25 novembre 2009 non lascia dubbi. Al punto 36 della risoluzione si legge: «Una transizione internazionale verso un’economia a basse emissioni di carbonio porterà a considerare l’energia nucleare come un elemento importante del mix energetico nel medio termine». Chiaro? Anche se il primo periodo è in qualche modo bilanciato dal successivo: «La questione della sicurezza del ciclo del combustibile nucleare va affrontata in modo adeguato a livello internazionale al fine di garantire il massimo livello possibile di sicurezza».
C’erano dei distinguo, per carità, ma il senso complessivo era fin troppo evidente: il nucleare era strategico. Per tutti. Per la destra, per la sinistra e per il centro. Ma due anni fa, nel 2009, non c’era ancora stata la tragedia di Fukushima e non era ancora partita la caccia al quorum.

E allora discorsi di maniera, spruzzati di buone intenzioni e di rassicuranti propositi, andavano bene agli eurodeputati del Pd e dell’Idv. Anche a destra andavano avanti senza se e senza ma e lo stesso clima si respirava in Europa. E dentro l’Europa in quella Germania targata Angela Merkel che ora, per un classico calcolo di bottega elettorale, decide la fuga dall’atomo.
Oggi nessuno o quasi firmerebbe più quel documento. Oggi la Serracchiani plaude all’intervento della Cassazione che ha salvato il referendum: «La sentenza ha rimesso in pista la democrazia. È stata disinnescata la mina governativa che avrebbe dovuto sabotare la libera espressione del popolo italiano». Ecco dunque la corsa trionfale al referendum fra squilli di tromba.
Qualche settimana prima è Patrizia Toia ad uscire allo scoperto: «Il futuro energetico del mondo guarda alle fonti rinnovabili e all’economia verde; più sicure, più moderne. La mia opposizione al nucleare non è né ideologica né preconcetta ma si basa su dati molto realistici».

Perfetto, ma se è così perché impelagarsi allora nel sostenere «l’energia nucleare come un elemento importante del mix energetico nel medio termine»?. Debora Serracchiani e Patrizia Toia hanno forse cambiato idea? Legittimo, la tragedia del Giappone ha fatto vacillare molte certezze. Ora il passato anche recente è zavorra. Oggi il nucleare è il nemico numero uno e gli impegni di massima di qualche anno fa sono un lusso che nessuno si può più permettere. De Magistris, che è De Magistris, corregge addirittura il passato. E cancella quel voto malandrino: «L’Alde, il mio gruppo politico al parlamento europeo, ha dato indicazione di votare contro, ma non è stato chiesto l’appello nominale e di conseguenza non esiste un processo verbale nominativo, in altre parole non si può sapere chi ha votato cosa».

Insomma, De Magistris non ci sta a passare per trasformista. E alimenta il giallo. Lui avrebbe «votato contro». Ma le carte dicono il contrario. Gianni Vattimo, filosofo e teorico del pensiero debole, non trova invece alcuna contraddizione fra le dichiarazioni di oggi e il voto del 2009. «Sono contrario - spiega - perché esistono rischi da non trascurare, non soltanto legati alla sicurezza delle centrali ma anche allo smaltimento delle scorie radioattive». E così il mistero dei due Vattimo s’infittisce; dobbiamo accontentarci di registrare il Vattimo di Strasburgo, pro nucleare, e il Vattimo salito sulle barricate referendarie per dire no all’atomo. Dal sì al no.

È davvero un pensiero debole.

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