Cinema

Un Diabolik infedele non a Eva ma al fumetto

Diabolik e Ginko si ritrovano faccia a faccia. Non però in un'aula di tribunale, bensì nelle cantine dove una banda di pericolosi criminali li tengono sequestrati

Un Diabolik infedele non a Eva ma al fumetto

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Diabolik e Ginko si ritrovano faccia a faccia. Non però in un'aula di tribunale, bensì nelle cantine dove una banda di pericolosi criminali li tengono sequestrati per avere campo libero tra furti e non solo. È l'ora della resa dei conti ma, legati e incatenati, è difficile... essere sciolti. Anche solo nel linguaggio. I due ci provano, ma la testa è affaccendata nel prevedere se Eva e Altea, ovvero le rispettive fidanzate, riusciranno a salvare i loro eroi.

Per scoprire se i due rivali resteranno prede dei loro nemici non serve altro che andare al cinema. Diabolik - Chi sei? è la terza puntata della trilogia firmata Manetti Bros. E speriamo sia l'ultima. Non perché il film sia brutto, anzi. Pur non essendo un capolavoro è gustoso da vedere. Piuttosto non riusciamo a non amare l'originalità creativa della coppia di registi romani che qui però manca del tutto o, quando fa capolino, è totalmente insignificante e senza spessore. Donna Altea infatti, nel fascicolo al quale questa storia si ispira non partecipa alla missione di salvataggio in coppia con Eva Kant. Esiste, ma resta defilata e il particolare non è da sottovalutare.

Quelli di cui sentiamo nostalgia sono i Manetti di Amore e malavita che non hanno esitato a spendere una tombola nei diritti di What a Feeling, riadattato alla napoletana nella versione di Serena Rossi e Giampaolo Morelli. Queste impennate di genio nessun Diabolik le ha, se si eccettua la ricostruzione di Clerville, davvero meravigliosa con un gioco - o forse un miracolo - di montaggio che fonde scorci di Milano, Trieste e Bologna per creare un capoluogo che non esiste. E già immaginiamo quanti abbiano cercato di riconoscere strade familiari in una sfida toponomastica. Il resto per chi ha visto le puntate precedenti non è una sorpresa, ma lo è per chi ricorda gli albi delle sorelle Giussani.

Non sempre rispettati.

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