Cultura e Spettacoli

Difficile rileggere Shakespeare Questo «Cesare» non emoziona

Uno dei biografi più accreditati di Shakespeare ha scritto che Giulio Cesare non è particolarmente amato dal pubblico moderno. È forse vero, ma è certo che da molti anni sui nostri palcoscenici non si riesce a vederne un'edizione dignitosa.
È davvero un peccato perché Giulio Cesare, in scena al Globe Theatre di Roma fino a domenica, è una tragedia che meriterebbe la massima attenzione e attori in grado di interpretare personaggi della statura di Giulio Cesare, Bruto, Marc'Antonio, Ottaviano. Non bisogna dimenticare che Giulio Cesare, che inaugurò nel 1599 il Globe Theatre, rappresenta un'opera di passaggio fra lo Shakespeare ancora fiducioso nell'uomo e quello tormentato e pessimista dei suoi massimi capolavori. Northrop Frye l'ha definita «la tragedia dell'ordine», che viene sconvolto e addirittura capovolto. In realtà Bruto non è né un rivoluzionario né un traditore dell'ordine costituito, ma un uomo che si batte per le libertà della Repubblica contro colui che è, ai suoi occhi, un tiranno. Il problema è che Cesare non solo è il suo padre adottivo, ma un uomo che egli ama e ammira. Per di più Bruto è nobile e generoso e, quindi, l'assassinio di Cesare è qualcosa che coinvolge profondamente la sua coscienza. La critica ha sottolineato che Bruto, con i suoi dubbi e i suoi tormenti, è un'anticipazione di Amleto, anche se di quest'ultimo non ha l'ironia e il carisma.
D'altra parte, è strano che Shakespeare non abbia fatto di lui, seguendo Plutarco, il figlio naturale di Cesare. Una possibilità straordinaria che avrebbe aggiunto al regicidio il parricidio. Ma forse Shakespeare voleva solo scrivere la tragedia non tanto dell'ordine, quanto del potere, passato dal grande Cesare a due politici scaltri e opportunisti come Marc'Antonio e Ottaviano.
Il regista Daniele Salvo scrive che i personaggi del Giulio Cesare sono accostabili «al nostro mondo politico», ma non si rende conto che se lì siamo nella tragedia, oggi siamo piuttosto nella Commedia dell'Arte. Lo spettacolo, nell'agile traduzione di Masolino D'Amico, è modesto. Massimiliano Sbarsi, Cesare con la maschera di lattice, diventa senza maschera Ottaviano, ma non per questo è più credibile. Gianluigi Fogacci è un Bruto senza risvolti, Alfonso Veneroso un Marc'Antonio a una sola dimensione e Giacinto Palmarini un Cassio senza nerbo.

Splendido Casca è, invece, Virgilio Zernitz, uno di quegli attori che danno ai loro personaggi un rilievo maggiore di quello che hanno.

Commenti