Cultura e Spettacoli

Il disco flop della Bruni? Pagato dai contribuenti

Campagna del governo per promuovere il made in France all’estero: oltre a vini e formaggi tipici, regalate 14mila copie invendute dell’ultimo album della première dame. La spesa? Un milione di euro

Il disco flop della Bruni? 
Pagato dai contribuenti

Parigi - Embarassing unsuccessful. Solo gli inglesi, insuperati maestri di perfidia, potevano trovare una definizione così verticalmente micidiale per definire il tonfo, la trombatura, il fiasco clamoroso rimediato da Carla Bruni col suo ultimo disco. Il titolo dell'album, in sé, era già in qualche modo sciaguratamente profetico: Comme si de rien n'était. Infatti in Francia ha venduto la miseria di 90 mila copie, transitando sul mercato discografico con la stessa impalpabile, fatua levità della cometa di Halley, di cui infatti si son perse le tracce. Di fronte allo smacco artistico, e alle pernacchie del mercato, si potevano fare tante cose. Una, per esempio, poteva essere questa: abbozzare, prendersela in saccoccia e sorridere alla vita. Carla Gilberta Bruni Tedeschi, 42 anni, meglio conosciuta come Carla Bruni, bella ricca e famosa moglie del presidente della Repubblica francese se lo potrebbe permettere, diciamo la verità. Un disco sbagliato, chi se ne frega, avanti…

Invece no. Invece c'è sempre un fesso, alla corte dei potenti, che per piaggeria, per eccesso di cortigianeria finisce per mettere in ridicolo i padroni che intendeva lusingare. O almeno, così ci piace pensare: cioè, che lei (ma soprattutto lui) non c’entri... Il fatto, direte voi. Il fatto eccolo. Ci sono 14mila privilegiati, in giro per il mondo - gente che ha un bel cognome, o una villa con piscina e un'agenda di «amici» lunga un chilometro, o che magari ha solo un blog, e legioni di perdigiorno che ci si abbeverano - che nei giorni scorsi hanno ricevuto un elegante pacchetto dal governo francese. All'interno: vini e formaggi, qualche dépliant, perfino un cavatappi. E fin qui, se l'intento era quello di propagandare in giro per il mondo i prodotti della tavola francese, come sostengono al ministero dell'Agricoltura, ci poteva stare. Si è speso un milione di euro o poco più? Pazienza. Pantalone (c'è un Pantalone anche a Parigi, sissignori) è abituato a questo e altro. Ma il disco di Carla Bruni infilato tra il camembert e il beaujolais? Che c'entra You belong to me, cover di Jo Stafford ricantata da Carla con il pecorino dell'Ardèche?

A Parigi, naturalmente, si grida allo scandalo. Già era parso alquanto stucchevole che la moglie del presidente infilasse le sue lagne musicali sotto il braccio del premier britannico Gordon Brown e nella borsetta di Michelle, moglie di Barack Obama. Ora, però, la misura sembra colma. Sul settimanale «Marianne» , che cavalca spavaldo la polemica, lo scrittore Gérald Andrieu si domanda quanto tempo manca prima che l'imperatrice «Carla-Antonietta» (sì, Antonietta come la moglie di Luigi XVI, quella delle brioche) si decida a sponsorizzare altri settori del made in France. La moda, per esempio. «Aspettiamo con impazienza la settimana di promozione dell'alta moda - tuona incollerito Andrieu -. Per Carla-Antonietta d'Italia, sarà forse l'occasione per sbarazzarsi dei suoi vecchi vestiti».

Stando a certi esegeti parigini, la battuta sui vestiti da buttare al macero in realtà era rivolta anche a Sarkozy, e se non è stata esplicitata è stato solo per carità di patria e insomma per una forma di riguardo nei confronti di un signore che è pur sempre il presidente della Repubblica. Lui, Nicolas Sarkozy, è un uomo di spirito e non se la sarebbe certo presa per una canzonatura in più o in meno. Chi sceglie di arrampicarsi per l'amara scala della politica e accetta, per voluttà narcisistica, di essere tutti i giorni sotto gli occhi dell'opinione pubblica dovrebbe almeno scegliere meglio il suo sarto, sostengono gli scicchettoni di Parigi. Invece: eccolo alla Moncloa, residenza del re di Spagna, con il solito abito dei travet bassini di statura in lotta perenne col cavallo basso dei calzoni e le maniche della giacca troppo lunghe. Stringe il cuore. Lei, invece, guardatela: sempre una bellezza. Perfetta, inappuntabile, vagamente finta.

Finirà in niente, anche questa polemica. Non sarà qualche frecciata della stampa a incrinare il sorriso inamidato della nostra beniamina. Se poi invece le girano, e vuol mettere i puntini sulle i sa già come fare. C'è sempre un Fabio Fazio pronto a ospitarla, sbracando alla grande come ha fatto recentemente, quando la signora Sarkozy venne negli studi di corso Sempione giusto per dire (smentita alla grande perfino dal ministro della Giustizia brasiliano, nonché dalla scrittrice Vargas) che non era vero che lei era intervenuta perché si concedesse asilo politico al terrorista italiano Cesare Battisti. «Accoglienza, vivacità, divertimento», aveva intimato quella volta Fazio al pubblico in sala. Da lui, il tempo che fa è sempre lo stesso. Nessuna domanda imbarazzante, niente polemiche. Solo inchini e baciamano, per «la più bella donna del mondo».

Quando vuole, madame, vedrà che non le dicono di no.

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