Cultura e Spettacoli

E la sezione Controcampo Italiano grida «Scialla!»

nostro inviato a Venezia

Il terzo e ultimo film italiano in concorso è il meno peggiore dei tre. Non un capolavoro, per carità. Ma L’ultimo terrestre di Gian Alfonso Pacinotti, ben accolto ieri alla proiezione stampa, ispira simpatia anche per la sua ingenuità. E, oltre a quello del regista, ha il merito di rivelare il talento di Gabriele Spinelli, bravissimo a dar corpo all’anonimo cameriere di una sala Bingo protagonista della storia. Prodotto da Fandango e già da oggi nei cinema, L’ultimo terrestre sembra il terzo lato del triangolo composto dal film di Abel Ferrara sulla fine del mondo e da L’arrivo di Wang dei fratelli Manetti sul rapporto con gli alieni. Chissà, forse una tendenza che narra piccole e grandi apocalissi più o meno vicine. «Un film fatto in casa», l’ha definito in conferenza stampa il vignettista pisano Gipi, all’esordio come regista: «Il mobilificio che si vede in apertura è quello dove ho tentato di comprare il mio divano, mentre il Bingo dove lavora Luca è a 500 metri da casa». Lo stesso protagonista è un suo amico. «Abitiamo vicini - rivela Spinelli - e in passato abbiamo collaborato per alcuni corti. Stavolta mi ha chiesto aiuto per questo film e mi aspettavo di dover fare il tecnico. Invece, mi ha scelto come protagonista: ho deciso per una recitazione minimale, per evitare errori».
Mentre la radio dibatte sul significato dell’imminente sbarco degli alieni (per un ascoltatore di Giuseppe Cruciani provocherà «la fine del calcio italiano»), Luca Bertacci compulsa le inserzioni delle prostitute per surrogare l’amore a lui ignoto da quando la madre l’ha abbandonato. La sua routine è di un grigiore assoluto. Niente donne, niente amici, al lavoro è maltrattato dai colleghi, gli sporadici pranzi con il padre contadino (Roberto Herlitzka) ne acuiscono l’isolamento, il suo più caro amico è un transessuale (Luca Marinelli). Attorno a lui solo gente gretta e senza scrupoli. In questa «Italia dopo l’Italia» sono in crisi profonda l’economia (Bertacci gira con una minuscola utilitaria indiana 180 euro chiavi in mano), la politica (il ministro per i rapporti alieni ha 65 sottosegretari) e la religione (le suore sono assidue alla sala Bingo). E così, mentre lo spento cameriere s’innamora segretamente di una vicina di casa (Anna Bellato), la calata degli extraterrestri, annunciata al tg e chiosata da un’enciclica papale, assume un vago carattere messianico. Ugualmente, però, i razzisti temono di perdere il lavoro come «quando arrivarono i cinesi». E i trafficoni cercano di lucrare sulla faccenda inventando strampalate fantasie misticheggianti. A sorpresa, il primo a entrare in contatto con un’aliena è il padre di Luca. Lui e la sua casa fatiscente, improvvisamente rifioriscono. Eppure il vecchio contadino tratta l’ospite poco più che come una bravissima domestica, capace d’imparare e fare tutto al meglio in pochissimo tempo. In realtà, gli alieni si rivelano esseri salvifici, conoscitori di «cosa è bene e cosa è male». E il loro arrivo si trasforma in una sorta di «giudizio universale terreno»: i cattivi da una parte, il modesto Bertacci dall’altra.
«Come nella vita il dramma è mischiato al lato comico, anche nel mio film c’è una parte pessimista e una ottimista», ha spiegato il regista. «Se aspetti che la soluzione arrivi dal cielo non stai molto bene. Però è anche positivo che ti auguri un cambiamento. Forse ho solo voluto trasmettere un sentimento di compassione per i protagonisti di oggi, molti dei quali sono macchiette spregevoli. Tuttavia, credo che pensare che la salvezza ci arrivi da un evento soprannaturale sia una cosa spaventosa», ha concluso.


Stando al tam tam tra gli addetti ai lavori, il film potrebbe ambire al premio Osella come opera prima.

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