Controcorrente

E dal Sud le «stecche» arrivano coi migranti

Già sgominate un paio di bande attive tra la Sicilia e i Paesi del Maghreb

In luglio la Guardia di finanza sgomina una banda composta da tunisini e italiani che operano tra il Paese Nord africano e la Sicilia: i loro affari sono un mix di immigrazione clandestina e contrabbando di sigarette. Solo qualche mese prima il tribunale di Palermo aveva condannato gli esponenti di un altro clan per lo stesso tipo di traffico: migranti e bionde arrivavano dalle coste africane a quelle di Trapani e Agrigento viaggiando sugli stessi, potentissimi, gommoni.

È proprio questa una delle nuove frontiere della malavita al lavoro fra continente africano e Italia meridionale. Gli scafisti approfittano dei viaggi della speranza attraverso il Canale di Sicilia per raddoppiare il business: nascondono all'interno delle imbarcazioni carichi di sigarette illegali che poi finiscono nelle tabaccherie abusive aperte semi ufficialmente in moltissime città.

«È un fenomeno molto attuale confermano fonti delle Fiamme gialle -. La Sicilia è diventata la principale fonte di ingresso delle sigarette di contrabbando, che arrivano nel nostro Paese soprattutto da Libia, Tunisia e Algeria. Vengono imbarcate con vari trucchi sui traghetti ordinari, ma sempre più spesso seguono il percorso della tratta dei migranti».

Nei nostri porti e sulle nostre coste arrivano carichi di bionde prive del sigillo del monopolio e quindi senza controlli e assolutamente esentasse. «Ormai si può parlare di un vero e proprio accordo fra le organizzazioni criminali africane e quelle italiane proseguono dalla Guardia di finanza -. I clan attivi nel nostro Paese svolgono una doppia funzione. Da una parte smerciano le sigarette e i tabacchi di contrabbando importati illecitamente dai Paesi africani, i cui confini sono per definizione porosi a questo tipo di traffico. Dall'altro monitorano le coste siciliane, indicando agli scafisti stranieri i luoghi migliori nei quali approdare per evitare i controlli».

A dire la verità i commerci che seguono la rotta dei migranti non riguardano solo le sigarette. Un'importanza sempre maggiore l'hanno conquistata i prodotti petroliferi. A dare testimonianza del fenomeno è la recente operazione Dirty Oil, che ha portato i militari a individuare, attraverso intercettazioni e il monitoraggio in mare, un traffico che partiva dal piccolo porto libico di Abu Kammash per arrivare fino ad Augusta, Civitavecchia e Venezia Porto Marghera.

Solo sul fronte degli idrocarburi di provenienza illecita gli interventi della Guardia di finanza nel 2018 sono stati 2.075, quasi quattro milioni, invece, i chili di merce sequestrata. Questo tipo di commercio illecito è costato allo Stato 127 milioni di euro. Perché il prezzo a cui i manufatti, che arrivano dalle organizzazioni criminali, vengono smerciati è naturalmente al netto delle accise.

DU

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