Ecco il signor nì Veltroni, leader che non sa decidere

Il titolo di questa rubrica impone che ogni tanto ci si occupi di quella vicenda pasticciata e un po’ surreale che è la nascita del Pd e la elezione del futuro segretario. Finirà con un voto plebiscitario per Veltroni, tanta liste della Quercia tutte collegate alla sua persona, i Ds compatti, la vecchia sinistra Dc che, secondo la profezia di Gerardo Bianco, si avvia a vivere l’ultima fase della storia del post-comunismo italiano.
Al centro dell’avventura ormai tutta post-comunista è Walter Veltroni, al quale è capitata la sorte rara di apparire in uno stesso giorno come il Che sulle magliette Gattinoni, e come il «signor nì» sulla questione del referendum elettorale.
Il Veltroni che, incontrando i promotori del referendum, ha trovato il modo di dire che fosse per lui il referendum andrebbe benissimo, ma di non poterlo firmare perché nella sua coalizione c’è qualcuno che non è d’accordo. Nel centrodestra si è ironizzato sul giovane Walter che dopo il centone di Torino dovendo prendere una decisione ha trovato il modo di uscirne senza danni. Il peggio è che il suo «nì» su un tema al centro dello scontro politico ha suscitato delusione, e peggio, nel Pd ove Arturo Parisi ha usato parole severissime. «Al momento avremmo bisogno di coraggio» ha detto.
Al «nì» di Veltroni si è aggiunto un «no» ancora più pesante, e stavolta sulle «primarie». È quello di Bersani, il quale dopo avere prospettato una sua candidatura ha poi rinunciato accampando una motivazione alquanto curiosa. Potrei con la mia discesa in campo, ha detto, provocare «un pericoloso disorientamento nel nostro mondo», meglio di no. Bersani ha obbedito a un veto di Fassino, custode dell’unità della Quercia, che pure ha deciso di sciogliersi.
La conseguenza della rinuncia del ministro delle «lenzuolate» liberiste e liberatorie è chiara: dai Ds non verranno liste se non di appoggio a Veltroni. I Dl sono divisi, e perplessi. Le primarie del 14 ottobre saranno, insomma, simili allo spettacolo indecoroso delle precedenti, con tanti candidati di sinistra impegnati a garantire che erano lì, ma solo per il trionfo di Prodi. Allora, i Ds ritennero di coprirsi al vecchio modo leninista dietro il «compagno di strada». Questa volta, saranno loro a comandare il giuoco. La presenza del giovane Franceschini non riuscirà a mascherare la presa di possesso del nuovo partito da parte dei post-comunisti.
Alla fine Rutelli, che pure sosterrà Veltroni, ha presentato un documento pieno di cose sensate. Per esempio: il centrosinistra è gravato da una sinistra «minoritaria e conservatrice», così non può durare. Anche qui, però, non si capisce perché il documento sia stato chiamato dai promotori il «manifesto dei coraggiosi».
a.

gismondi@tin.it

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