Coronavirus

Persi in 10 mesi 425mila posti. Smart working nel 30% delle aziende

Rapporto sull'occupazione: "Uno choc senza precedenti"

Persi in 10 mesi 425mila posti. Smart working nel 30% delle aziende

Gli effetti della pandemia sul mercato del lavoro emergono poco alla volta e rivelano le dimensioni di una crisi gravissima e duratura.

Il dato più recente sono le stime di dicembre della Rilevazione sulle forze di lavoro dalle quali emerge che l'occupazione è tornata a diminuire (-0,4%), con un calo complessivo di 425 mila occupati rispetto a febbraio 2020. Cioè alla vigilia dell'esplosione della pandemia.

Il ministero del Lavoro in collaborazione con Istat, Inps, Inail e Anpal ha tirato le somme su tutto il 2020 con il Rapporto sull'occupazione. «L'emergenza sanitaria e la conseguente sospensione delle attività di interi settori produttivi- si legge nel documento - hanno rappresentato uno shock improvviso e senza precedenti sulla produzione di beni e servizi e, di conseguenza, sul mercato del lavoro».

Gli esiti finali della crisi sono sconosciuti e i cambiamenti, sottolinea il rapporto, sono destinati a durare : «Le ripercussioni saranno di lungo periodo e potrebbero comportare anche cambiamenti strutturali e permanenti del sistema economico».

Nei soli primi tre trimestri del 2020 rispetto all'analogo periodo del 2019 sono andate perdute 3,9 miliardi di ore lavorate. In termini di unità di lavoro a tempo pieno e di posizioni lavorative nella media dei primi tre trimestri del 2020 la riduzione è stata rispettivamente di 2,4 milioni e 623 mila. La crisi del lavoro si riflette sugli ammortizzatori sociali: tra marzo e settembre sono stati più di 6 milioni i lavoratori che hanno avuto almeno un trattamento di Cassa integrazione, con un numero medio di ore integrate pari a 263. Il picco di lavoratori sospesi è stato registrato nel mese di aprile: 5,3 milioni.

Cambiano anche le modalità del lavoro. Nel secondo trimestre 2020 il lavoro da casa ha interessato oltre 4 milioni di lavoratori, il 19,4% del totale (era il 4,6% nel secondo trimestre 2019). La quota di lavoratori in smart working nelle imprese che lo hanno attivato sale dal 5% del periodo precedente il Covid-19, al 47% dei mesi di lockdown di marzo-aprile, per assestarsi intorno al 30% da maggio in avanti.

Su questo aspetto ieri è intervenuto il presidente dell'Inapp (Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche) Sebastiano Fadda, chiedendo una «contrattazione collettiva per dare allo smart working una struttura solida e organica».

Non più accordi tra azienda e singoli lavoratori, ma un «nuovo smart working che vada oltre l'emergenza del coronavirus».

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