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Stress test, banche italiane in ottimo stato di forma

Anche in recessione Cet1 migliore di Francia e Germania. Ok Mps

Stress test, banche italiane in ottimo stato di forma

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Il sistema bancario italiano è solido e resiliente. Le recenti dichiarazioni del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, e del presidente Abi, Antonio Patuelli, non rappresentavano un wishful thinking ma una precisa descrizione della realtà. Certificata ieri dall'Eba e dalla Bce che ieri hanno diffuso i risultati degli stress test basati su un quadro macroeconomico che prevede una recessione associata a inflazione molto alta per tre anni, a disoccupazione elevata e a un crollo dei prezzi dell'immobiliare. Gli istituti italiani hanno riportato risultati migliori di quelli francesi e tedeschi. In particolare mostrano un calo dell'indice Cet1 all'11,5% (11,6% nel campione Bce che è allargato a banche di minore dimensione) per tutti gli anni 2023-2025. Le banche tedesche invece scenderebbero al 10,6% nel 2023 e al 9,59 nel 2025. Le francesi al 10,5% quest'anno per finire al 9,15% nel 2025. Dati sui quali riflettere anche in previsione dell'«obbligatoria» ratifica del Mes, che dovrà fungere anche da backstop aggiuntivo per le crisi bancarie. L'Italia non è un «malato» finanziario nonostante il debito pubblico oltre i 2.800 miliardi di euro.

Il fiore all'occhiello di questa ritrovata vigoria è rappresentato dal Monte dei Paschi. Nel worst case scenario si ritroverebbe con un Cet1 «Fully Loaded» al 10,1% alla fine del 2025. Il dato salirebbe al 18,6% nello scenario di base, sempre a fine 2025. La cura dell'ad Luigi Lovaglio ha funzionato: quella che fino a pochi anni fa era una fonte di preoccupazione per l'intero sistema europeo, oggi è rientrata nell'alveo della «normalità». La morale della favola è semplice: il bail in (cui Siena, in teoria, avrebbe dovuto essere costretta) non serve per risolvere le crisi.

Naturalmente positivi i dati dei colossi tricolore. Intesa Sanpaolo raggiungerebbe il 10,85% nello scenario peggiore al 2025, Unicredit il 12,51%, Banco Bpm il 9%. Bper scenderebbe invece al 7,89% ma l'istituto modenese ha specificato che si tratta di risultati non comparabili con quelli dell'esercizio 2021 cui al tempo non partecipò perché in piena fase di integrazione degli sportelli Ubi acquisiti da Intesa (cui poi si è aggiunta Carige). Discorso simile per Mediobanca il cui 10,22% non tiene conto del Danish compromise relativo al 13,1% detenuto in Generali.

Ottimi esiti anche per Ccb (18,9%) e Iccrea (14%).

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