Occhio al Fisco: come versare sul conto senza far scattare i controlli

Ci sono limiti di versamento sui conti correnti al di là dei quali gli istituti di credito hanno il dovere di comunicazione e al di là dei quali possono scattare accertamenti fiscali

Occhio al Fisco: come versare sul conto senza far scattare i controlli

Quando si parla di versamenti e prelievi in contanti sui conti correnti ci si muove su un terreno minato. Prima di tutto la possibilità di versare contanti non va confusa con l’uso dei contanti, il cui limite per il 2022 è di 1.999,99 euro, così come disposto dal decreto Milleproroghe (e dal 2023 scenderà a 999,99 euro).

Non c’è una legge che ponga un limite ai versamenti che si possono fare sui conti correnti ma si tratta di un concetto da contestualizzare perché, in caso di versamento o di prelievo superiore ai 10.000 euro, l’istituto di credito è tenuto ad avvisare le autorità fiscali e, queste, hanno il potere di svolgere degli accertamenti.

In principio può essere versata qualsiasi somma provenga da un reddito trasparente e come tale certificabile ma, anche in questo caso, occorre fare attenzione perché, stando al Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) il fisco può essere rigido e, in caso di sospetto, l’onere della prova spetta al cittadino.

Versare contanti sui conti correnti in tutta sicurezza

Che si tratti di un versamento in contanti o di un bonifico, l’importo ricevuto deve essere per principio inserito nella dichiarazione dei redditi. Questa norma non fa riferimenti a importi ma agli obblighi di trasparenza. Facile comprendere che, qualora nella dichiarazione dei redditi non ci fosse traccia di una o più di queste transazioni, l’accertamento fiscale può essere avviato. L’erario cercherà di rientrare delle imposte evase applicando anche le sanzioni di rito. Tocca al titolare del conto corrente interessato, sia questo una persona fisica o un’azienda, dimostrare che la presunzione del fisco è errata. Per il fisco, in questi casi almeno, non esiste la presunzione di innocenza e c’è anche il rischio che venga avviato un procedimento penale per evasione o riciclaggio.

Per fare il punto della situazione, va ribadito che non ci sono limiti ai versamenti che si possono effettuare sui propri conti correnti ma occorre chiarezza documentale – i soldi devono provenire da fonti e attività certificate – per evitare accertamenti a cura dell’Agenzia delle entrate o della Guardia di finanza.

Più che un limite alle somme versate o prelevate per contanti, le cui origine devono essere certificate su richiesta delle autorità, c’è la soglia dei 10.000 euro oltre la quale la banca è tenuta al dovere di segnalazione. Questa soglia riguarda le operazioni mensili effettuate anche su più conti correnti intestati al medesimo soggetto. La segnalazione partirebbe anche se un cittadino versasse 4.000 euro su ognuno dei suoi tre conti correnti, arrivando così a un totale di 12.000 euro. È l’intestatario dei conti correnti movimentati il soggetto di interesse, così come succede anche per la giacenza media degli averi in conto.

Per fare un esempio, possiamo citare il caso di un piccolo imprenditore che di norma emette fatture che si aggirano tra i 500 e i 1.500 euro e che, dopo averne incassate diverse brevi manu, versa 11.500 euro in contati sul proprio conto corrente. Non c’è nulla di illegale o di perseguibile dal fisco purché possa documentare l’origine del denaro, nel caso specifico esibendo sia copia delle fatture sia la ricevuta rilasciata al cliente al momento del pagamento in contanti. Operazioni di cui si dovrà trovare traccia nell’eventuale contabilità e che dovranno essere rendicontate come da norme in fase di dichiarazione dei redditi.

Il ruolo delle banche

Gli istituti di credito rispondono a leggi precise, tra le quali il decreto Legislativo 90/2017 che, recependo la direttiva Ue (2015/84) sule norme antiriciclaggio, obbliga le banche a svolgere controlli sui versamenti inusuali effettuati dai propri clienti e deve procedere con la Segnalazione di operazioni sospette (Sos). Segnaliamo che il link precedente fa più volte riferimento al decreto Legislativo 231/2007 che, di fatto, è stato modificato dalla già citata Legge 90/2017.

Per ogni versamento o prelievo superiore ai 10.000 euro effettuato in contanti, l’istituto di credito ha il dovere di segnalare l’evento all’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia (Uif). Segnalazione che va fatta entro il giorno 15 del secondo mese successivo all’operazione.

L’Uif elabora le segnalazioni ricevute e, a seconda dei casi, può avviare una serie di percorsi che coinvolgono diverse autorità tra le quali, la Guardia di finanza, i servizi antiterrorismo della Polizia di Stato, la Direzione investigativa antimafia (Dia) e può adire la Procura della Repubblica per l’apertura di un fascicolo penale a carico della persona (fisica o giuridica) a cui è intestato il conto corrente.

La posizione del fisco

Mentre bonifici e assegni permettono la tracciabilità, i contanti complicano il risalire all’origine delle somme versate. Questo ci rimanda alla necessità di dichiarare gli importi versati nelle dichiarazioni di reddito, perché il fisco – in virtù del decreto del presidente della Repubblica 600/1973 presume che ne facciano parte.

Il fisco mette in correlazione i versamenti considerati anomali con la consistenza della dichiarazione dei redditi e procede, se necessario, con il richiedere chiarimenti al contribuente il quale può anche dimostrare che i fondi in questione sono frutto di operazioni già tassate o esentasse. Nell’impossibilità di dimostrare la correttezza dell’omessa dichiarazione l’entità fiscale si farà carico di recuperare quanto ritiene le sia dovuto.

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