Egitto

Egitto, al Qaeda: guerra santa Libia: la rabbia è su Facebook

Tre morti e 100 feriti a El Khargo, a 400 km a sud del Cairo. I Fratelli musulmani insistono: via Mubarak. Al Qaeda chiama gli egiziani alla guerra santa. Intanto in Libia cresce la tensione in vista della "giornata della collera" in programma il 17 febbraio. Il tam-tam corre su Facebook. E Gheddafi teme l'effetto domino

Egitto, al Qaeda: guerra santa 
Libia: la rabbia è su Facebook

Il Cairo - Almeno tre persone sono morte e altre 100 sono rimaste ferite negli scontri scoppiati martedi tra la polizia e i manifestanti a El Khargo, città a oltre 400 chilometri a sud del Cairo. Stando a quanto riferito oggi da un funzionario della sicurezza, la polizia ha esploso colpi di arma da fuoco contro i dimostranti e tre persone sono morte. La folla ha risposto dando fuoco a sette edifici pubblici, tra cui due commissariati, un tribunale e la sede locale del partito del presidente Hosni Moubarak, Partito nazionale democratico (Pnd).

La protesta dei lavoratori Anche i lavoratori sono scesi in piazza in diverse città dell’Egitto per chiedere aumenti salariali  - il governo li ha concessi agli statli e ai pensionati - e migliori condizioni di lavoro, unendo la propria voce a quella dei manifestanti che da due settimane chiedono le dimissioni di Mubarak e l’avvio di riforme democratiche. Ieri e oggi ci sono state manifestazioni negli arsenali di Port-Said, all’ingresso settentrionale del canale di Suez, come pure in molte società private che lavorano su questo asse strategico del commercio mondiale. All’aeroporto del Cairo ci sono state proteste in alcune società di servizi e hanno manifestato i dipendenti della sicurezza. Nella capitale egiziana hanno protestato anche i funzionari del dipartimento di Statistica del governo. Proteste sono state segnalate anche nelle fabbriche tessili di Mahallah, nel delta del Nilo, e in una società del gas di Fayyoum, a sud del Cairo, come pure nel centro industriale di Helwan, vicino alla capitale.

Fratelli musulmani: via Mubarak La principale forza dell’opposizione in Egitto continua a spingere per le dimissioni di Mubarak ma, al contempo, ribadisce di essere aperta al dialogo con il governo a patto il presidente lasci il proprio incarico. In merito ai colloqui avviati dal vice presidente Omar Suleiman i Fratelli Musulmani hanno sottolineato come il dialogo non stia procedendo secondo le loro aspettative: "Il regime ha fallito, tuttavia sembra che alcuni vedano questo dialogo come un monologo".

Al Qaeda: guerra santa Il sedicente "Stato Islamico dell’Iraq", branca irachena di al-Qaeda, ha chiamato alla jihad i manifestanti anti-governativi che da più di due settimane protestano contro Mubarak, e li ha esortati a battersi per l’instaurazione di un regime fondato sulla sharia, la legge coranica. L’appello è contenuto in un messaggio apparso nelle ultime 24 ore su diversi siti filo-integralistici di Internet, ed è stato intercettato dagli specialisti di "Site", gruppo di monitoraggio anti-terrorismo on-line con sede negli Stati Uniti.

In tv torna al Jazeera Il satellite Nilesat, legato al governo egiziano, ha ripristinato la diffusione dell’emittente televisiva Al Jazeera, dopo una sospensione di undici giorni. Lo ha detto un portavoce della stessa emittente satellitare basata a Doha, in Qatar. Domenica scorsa il governo aveva ordinato il divieto di trasmissione di al Jazeera che aveva dato ampio spazio alle rivolte di piazza contro Mubarak.

Libia, il clima si scalda "Giornata della collera in Libia il 17 febbraio". E' il nome di un gruppo comparso su Facebook che chiama tutti i libici a scendere per strada a manifestare per le riforme. Nella rete, però, è comparso anche un gruppo pro Gheddafi: "Giovani e giovane fieri della loro Guida Muammar Gheddafì", che chiama i propri membri a contrastare anche con la violenza coloro che come "burattini" scenderanno per strada contro il governo. "Giornata della collera il 17 febbraio" ha già raccolto 1500 adesioni. Sulla pagine del social network si presenta così: "Nel quinto anniversario dei fatti di Benghazi, chiamiamo il popolo libico a scendere per strada unito per esprimere un legittimo diritto. Ora noi - si legge ancora nella pagina del gruppo - decidiamo di manifestare contro la povertà".

Niente bandiere Nella pagina gli amministratori della pagina chiedono che ogni persona "porti più amici in strada" per creare diversi punti di aggregazione dei manifestanti, esortandoli a non scandire o portare bandiere di qualsivoglia partito o associazione, ma a manifestare come cittadini. Appello che sta creando preoccupazione nel governo di Tripoli.

Al punto che Gheddafi da tre giorni sta convocando giornalisti e attivisti politici per fare il punto della situazione.

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