C-cultura

Da eros e guerra nascono i fiori di uno scrittore che amava vivere in povertà

Le lettere inedite testimoniano le grandi passioni dell'autore di "1984" Non solo la politica ma anche la solitudine in campagna e soprattutto le donne, tante donne

Da eros e guerra nascono i fiori di uno scrittore che amava vivere in povertà

Ascolta ora: "Da eros e guerra nascono i fiori di uno scrittore che amava vivere in povertà"

Da eros e guerra nascono i fiori di uno scrittore che amava vivere in povertà

00:00 / 00:00
100 %

Voleva vivere come un poveraccio. Gli piaceva prostrarsi fino all'insussistenza, con monacale sadismo. Come si sa, Senza un soldo a Parigi e a Londra, il libro d'esordio di George Orwell, uscito nel 1933, è l'esito della sua esperienza di accattonaggio e lavacro del sé il vero nome, Eric Blair, viene annientato dallo pseudonimo totalizzante , cupa catabasi nel popolo dell'abisso. A dirla come la dice Guido Bulla, curatore per i Meridiani Mondadori dei Romanzi e saggi di Orwell (2000), «Dal contatto con la degradazione Orwell sembra trarre ispirazione e forza». Nel 1936, per dire, trascina la neo-moglie Eileen a Wallington, nell'Herfordshire, «in un minuscolo cottage di trecento anni privo di elettricità e acqua calda, con un bagno all'esterno: avevano una capra da mungere e galline per le uova» (Frances Wilson). Vivere alieno dal progresso' galvanizzava Orwell; si interessava di coltura e di allevamento, per un periodo finse di voler aprire una drogheria. Il carisma della vita selvatica era un tratto tipico dello scrittore: nell'agosto del 1920 scrive all'amico Steven Runciman di aver dormito nel «campo di un contadino», alla periferia di Plymouth, «riparato da un albero e nascosto da alcuni cespugli il freddo era insopportabile, non avevo coperte e usavo il cappello come cuscino». Aveva compiuto da poco diciassette anni.

Nella sequela di lettere pubblicate da L'Orma editore come Guardarsi dalla santità (pagg. 62, euro 8), un piccolo gioiello (lode al curatore, Eusebio Trabucchi, che dalla mole epistolare orwelliana A Life in Letters, Penguin, 2011, antologizza seicento pagine ha scelto venti documenti esemplari), sono i lati genericamente secondari di Orwell, quando non sinistri, a conquistare. Ad esempio, l'amore. O meglio, la sessuomania. A Rayner Heppenstall, scrittore e produttore per la BBC, il 31 luglio del 1937, Orwell scrive della fatidica ferita alla gola ricevuta in Spagna «sono vivo per miracolo, il proiettile è passato attraverso il collo colpendo soltanto una corda vocale» ma soprattutto di Eileen che «sembrava godersela». In particolare e fuor di metafora la moglie se la godeva con Georges Kopp, comandante delle milizie del POUM. Allo stesso tempo, Orwell se la intendeva con Lydia Jackson, scrittrice, figlia di un ex ufficiale zarista emigrato in Inghilterra, amica di Eileen. George e la moglie erano una coppia aperta. Così, l'interesse verso l'opera di Henry Miller, testimoniato da una lettera dell'agosto 1936, non è tanto estetico Tropico del cancro è lettura convincente «perché lei ha parlato di episodi comuni a tutti ma che nessuno aveva mai raccontato (ad esempio quando uno deve fare l'amore con una ragazza ma per tutto il tempo muore dalla voglia di pisciare)» bensì erotico: in un biglietto del 1931 (non raccolto in questo volumetto) spedito a Brenda Salkeld, fatuo amorazzo, insegnante di educazione fisica nel collegio di Southwold, lo scrittore sbava, «non faccio l'amore da miserabile e se ti chiedo ogni tanto di andare oltre questa è la mia natura».

Ritiratosi a Jura, nelle Ebridi, dal 1946, Orwell comincia a scrivere 1984. Con lui c'è il figlio adottivo, Richard. La moglie era morta l'anno prima, nel corso di un'isterectomia. Per raccontare il nostro mondo, lo scrittore si esilia in un luogo fuori dal mondo. Ipotizza di scrivere un dialogo tra Ponzio Pilato e Lenin. Dobbiamo razionare il pane, ce la caviamo con porridge e focacce d'avena, scrive all'amico Rayner. Procurarsi il cibo è un bene, rimarca. La scrittura: questione di fame.

Orwell amava le privazioni, ha provato il grado zero dell'uomo.

Commenti