Cultura e Spettacoli

Esce «Kung Fu Panda 2» e in Cina i puristi insorgono «Offende la nostra cultura»

Zhao Bandi, che già al primo episodio attaccò la pellicola prodotta dalla Dreamworks di Spielberg, torna all'attacco con l'uscita del sequel. L'accusa: distorce i simboli cinesi per fare quattrini. Effettivamente alla sua uscita tre anni fa, il film ha incassato nel gigante asiatico quasi 28 miliardi di dollari

Polemiche in Cina per l'uscita di «Kung Fu Panda 2», il sequel del grande successo del 2008, «Kung Fu Panda», il film a cartoni animati che racconta le vicende di un panda gigante che impara le arti marziali. Così nei giorni scorsi mentre migliaia di persone hanno fatto lunghe file per accaparrarsi un biglietto per vedere il primo spettacolo, molti altri invece hanno iniziato una campagna di boicottaggio del film.
La prima pellicola, finanziato dalla Dreamworks la casa di produzione creata da Steven Spielberg, narrava la storia di Po panda gigante, apparentemente pigro e indolente, che alla fine imparerà i segreti dell'antica arte marziale cinese per sconfiggere il perfido Tai Lung, il leopardo delle nevi. Suoi alleati il maestro Shifu e i Cinque Cicloni: una tigre, una vipera, una gru, una scimmia e una mantide. Come spesso in queste mega produzioni, per doppiare i vari personaggi furono mobilitati celebri attori. Così in America Jack Black diede la voce a Po, Dustin Hoffman al suo maestro Shifu, Angelina Jolie alla Tigre.
Il film incappò subito nelle ire dell'artista visivo Zhao Bandi, celebre per l'utilizzo nelle sue opere della figura del panda nelle più fantasiose maniere. Bandi ha citato in giudizio in giudizio la Dreamworks accusando «Kung Fu Panda» di essere un film blasfemo. Il primo bersaglio del purista Zhao è il padre di Po che nella pellicola è un papero. Anche gli occhi verdi di Po sono una «cospirazione», secondo Zhao, perché il verde è un colore negativo che non potrebbe mai esprimere buoni sentimenti. Pandi si rivolse alla Corte Popolare del distretto di Chaoyang, pretendendo non soldi ma le scuse ufficiali dei produttori. Che non risulta siano mai pervenute. Anzi nel 2008, a dispetto delle campagne di boicottaggio, «Kung Fu Panda» incassò circa 180 milioni di yuan, 27,7 miliardi di dollari.
Tre anni dopo la Dreamworks ha realizzato il seguito, in cui Po, ormai diventato Guerriero Dragone, insieme ai Cinque Cicloni deve impedire a Lord Shen di conquistare la Cina e cancellare lo stesso kung fu. Il nuovo film, rispetto a quello precedente, contiene più elementi cinesi come il gioco delle ombre e la danza del leone. Tuttavia, alcuni artisti e studiosi cinesi, capitanati dal solito Zhao Bandi, affermano che il film, presentato in concomitanza con la Giornata internazionale dei bambini, distorce la cultura cinese e serve come strumento per «rapire» la mente.
«Il Children's Day deve essere puro, - ha scritto Bandi in una lettera aperta ai dirigenti del cinema cinese - non bisogna trasformarlo in un giorno per arricchire Hollywood». Già nelle ultime due settimane, Zhao ha usato soldi propri per far pubblicare annunci sui giornali a Pechino e Canton, invitando a boicottare il film. La battaglia di Zhao è sostenuta anche da Qingdong Kong, noto professore di cinese presso l'Università di Pechino. Il docente lamenta che gli elementi cinesi del film sono diventati la pubblicità di prodotti per difendere la cultura americana. «Si tratta di una invasione culturale», ha detto Kong.
Una campagna di boicottaggio che non sembra però trovare molti seguaci. «Non voglio parlare di invasione culturale, né vedo niente di male nel fatto che altri utilizzino i nostri elementi culturali per fare un film» ha detto Li Jiayi, studente universitario di Pechino. «I fan di Po sono tantissimi. Nonostante sia un cartone animato, è molto amato anche da molti adulti come me» ha puntualizzato all'uscita dal cinema Yuan Weili, 25 anni di Shijiazhuang, capitale della provincia settentrionale dell'Hebei, da tre anni in attesa dell'uscita del sequel.


Secondo Cao Hui, vice direttore generale della Shenzhen Global Digital Creations, una importante società che realizza animazioni digitali i cineasti cinesi dovrebbero imparare a un uso migliore degli elementi della storia cinese: «Mentre i produttori americani dovrebbero imparare a fare un miglior uso della storia».

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