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Parte da Londra l'urlo anti Europa

Gli euroscettici dell'Ukip in vantaggio. Per la prima volta da quasi un secolo potrebbe vincere un outsider. Sostieni Europa ribelle

Uno degli slogan della campagna elettorale dello UK Independence Party
Uno degli slogan della campagna elettorale dello UK Independence Party

Dicono che laburisti, conservatori e liberaldemocratici hanno svenduto la quinta economia del mondo all'Unione europea e dovrebbero essere «impiccati per tradimento» - copyright del candidato Gordon Ferguson, che si è poi scusato, ma intanto aveva già recapitato centinaia di lettere col suo messaggio agli elettori di Southport, nord di Liverpool -. Chiamateli radicali, razzisti, populisti, estremisti di destra (in un Paese generalmente allergico agli estremismi politici), fatto sta che i candidati dell'Uk Independence Party si preparano al più grande successo elettorale della loro storia. Domani i cittadini del Regno Unito - sempre originali rispetto al resto del continente, ma in linea con la tradizione che vuole che si voti di giovedì - saranno i primi, insieme ai dirimpettai olandesi, tra i 46 milioni di europei chiamati a eleggere il nuovo EuroParlamento. Gli inglesi manderanno a Strasburgo e Bruxelles 73 dei 751 deputati che formeranno la nuova Assemblea (quanto gli italiani e meno di tedeschi e francesi, che ne eleggeranno rispettivamente 96 e 74). L'esito del loro voto si conoscerà dopo le ore 22 del 25 maggio, giorno in cui andranno alle urne gran parte degli altri Paesi. Ma la tendenza a Londra e dintorni è netta e rivoluzionaria. L'ultimo sondaggio di PollWatch prevede che l'Ukip arriverà al 30,6% (strappando 24 seggi), seguito dal Labour con il 28% (23 seggi) e dai Conservatori del premier David Cameron con il 22,3% e 17 seggi. «Per la prima volta in quasi un secolo, un outsider potrebbe vincere un'elezione non locale. E anche se l'Ukip arriverà secondo, avrà raggiunto comunque il record di voti rispetto a qualsiasi precedente elezione europea». Matthew Goodwin è docente di Politica all'Università di Manchester, esperto di «euroscetticismo» e autore insieme con Robert Ford di Revolt on the Right (Rivolta a destra.

Sottotitolo: come si spiega il sostegno alla destra radicale in Gran Bretagna). Sulla copertina del suo ultimo libro campeggia l'immagine di Nigel Farage, il leader che domenica potrebbe rompere secoli di bipolarismo e umiliare il primo ministro Cameron dopo una campagna serrata contro l'immigrazione di massa «incontrollata» e a favore dell'abbandono dei Trattati europei da parte di Londra. «L'Ukip è l'unico partito che ha saputo connettersi con il popolo delle retrovie, i dimenticati della società britannica», quelli che Goodwin e Ford chiamano i «left behind», i cittadini che sono stati «lasciati indietro». «Mentre laburisti e conservatori inseguono il voto dei centristi indecisi, l'Ukip parla alle tute blu, alla working class, agli elettori poco qualificati e poco istruiti che si sentono economicamente ai margini -spiega Goodwin- che sono tagliati fuori dal dibattito politico su temi che invece li riguardano molto: l'Europa e l'immigrazione». Farage e i suoi cavalcano lo storico euroscetticismo british e sono ultraliberisti -e per questo sottraggono voti ai Tory- ma raccolgono consensi anche fra la storica base della sinistra, la classe operaia. «Farage sta capitalizzando il malessere della working class. Le nostre analisi provano che il 40% degli elettori della classe operaia sente di non avere voce nelle politiche di governo. È un record storico». Con un paradosso: «I gruppi sociali più poveri e insicuri si affidano a un partito che non ha una politica economica credibile o sufficientemente coerente, che non ha una storia pregressa di aiuto alle classi svantaggiate, anzi è apertamente favorevole al libero mercato». Perchè lo fanno?

«Hanno completamente perso fiducia nella politica tradizionale, convinti che non possa risolvere i loro problemi quotidiani e hanno indirizzato la rabbia verso quei gruppi che considerano responsabili del declino dei loro standar di vita». 

Ma non è la sola contraddizione di questa elezione. A soffiare a favore degli euroscettici c'è anche un vento chiamato proporzionale. Qui, come in Francia e ancor più che in Italia, a far la differenza sarà il sistema elettorale, un generoso proporzionale nel Paese abituato a uno spietato maggioritario puro.

Così l'Ukip, che a Westminster non ha nemmeno un deputato, sembra destinato a volare, vento in poppa, alla volta di Bruxelles.

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