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"La Crimea resta ucraina". Ma Poroshenko apre ai russi

Al giuramento il neopresidente dice di volere un Paese "unito". Però promette più autonomia e un’amnistia per i ribelli

Petro Poroshenko in conferenza stampa a Kiev
Petro Poroshenko in conferenza stampa a Kiev

Aperture, segnali di un dialogo possibile ma anche insistenza sulla linea dura. Ci sono stati indizi contrastanti sul futuro della crisi ai confini dell'Europa nel discorso del nuovo presidente ucraino Petro Poroshenko, ieri. Il suo mandato è stato inaugurato con solenni celebrazioni a Kiev.

Da una parte, il «re del cioccolato» diventato politico ha innescato un'ovazione quando ha promesso un'Ucraina unita e nessuna concessione sul futuro della penisola di Crimea, quel territorio sul Mar Nero annesso dalla Russia a marzo dopo un referendum popolare. La Crimea - ha detto - «era, è e sarà suolo ucraino». Il presidente ha ricordato anche la sua posizione sull'Europa. Se ancora venerdì, nel suo primo incontro con il leader ucraino, Vladimir Putin ha reiterato la sua opposizione alla firma di un accordo di associazione tra Kiev e Bruxelles, oggi con toni di sfida Poroshenko ha spiegato che porterà il Paese a siglare quell'intesa. Per Kiev rappresenterebbe un passo avanti verso un'entrata nell'Unione, per Mosca significherebbe l'inesorabile perdita di influenza su una ex Repubblica sovietica.

La fermezza delle parole del presidente ucraino è in contrasto con i segnali di apertura arrivati venerdì dalle spiagge della Normandia. A lato della cerimonia per l'anniversario del D-Day, Putin oltre ad aver per la prima volta dall'inizio della crisi incontrato il collega americano Barack Obama, si è seduto allo stesso tavolo di Poroshenko. Più volte nelle ultime quarantotto ore il leader americano ha ricordato che Mosca, per evitare l'isolamento e nuove sanzioni, deve riconoscere il voto ucraino del 25 maggio. Putin venerdì ha parlato di un approccio «giusto» da parte del presidente di Kiev, mentre Poroshenko alla televisione ucraina ha annunciato «l'inizio» del dialogo tra i due Paesi. Le speranze di una soluzione si scontrano però con informazioni opposte. Fonti francesi avevano rivelato l'arrivo in Ucraina entro oggi di un rappresentante del Cremlino, ma ieri l'ambasciatore russo a Kiev Mikhail Zurabov ha detto di non credere nella possibilità di visite ufficiali nel prossimo futuro.

Nelle parole di Poroshenko ieri ci sono state anche aperture verso le popolazione dell'Est del Paese, cui si è rivolto in russo: «Verrò a voi con un piano di pace», ha spiegato manifestando l'intenzione di viaggiare verso le regioni intrappolate da aprile in uno scontro tra l'esercito ucraino e i separatisti pro russi delle aree di Donetsk e Luhansk, dove soltanto ieri ci sarebbero state almeno 13 vittime secondo fonti dei separatisti. Il presidente ha proposto un'amnistia per chi depone le armi e «non ha le mani sporche di sangue»; un corridoio di fuga per combattenti russi (Mosca nega la loro presenza, per Kiev la Russia appoggia con armi, personale e denaro la ribellione); autonomia ma non federalismo; garanzie sulla libertà di usare la lingua russa.

I separatisti di Luhansk per ora hanno rifiutato il negoziato. «Non gli crediamo - ha detto il loro leader Valery Bolotov - La trattativa sarà possibile soltanto se le truppe d'occupazione si ritireranno dal nostro territorio». È anche la condizione imposta da Putin per far partire il dialogo.

Il leader russo, però, in una mossa interpretata da alcuni come un gesto di buona volontà, ha annunciato ieri il rafforzamento delle protezioni lungo i confini con l'Ucraina per prevenire passaggi di armi illegali, come richiesto dai governi occidentali e dopo l'ammissione di Kiev d'aver perso il controllo di tre posti di frontiera.

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