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Christie sfida l'ultimo tabù: un presidente sovrappeso

Il governatore del New Jersey ignora le critiche del suo partito e incontra ancora Obama. Nell'America ossessionata dalla magrezza, lui scherza sull'obesità. E pensa al 2016

Christie sfida l'ultimo tabù: un presidente sovrappeso

Sette mesi dopo il disastro di Sandy si sono ritrovati sul Jersey Shore, il litorale del New Jersey. Ricostruito e rimesso a nuovo, pronto per la stagione estiva, e i turisti. Sette mesi dopo l'uragano che ha devastato le coste del nord est degli Stati Uniti e dopo quella stretta di mano e quell'abbraccio confidenziale con Obama, ma soprattutto dopo quelle parole di elogio che hanno attirato su Chris Christie, governatore repubblicano dello Stato, i fulmini del Grand Old Party: proprio lui, il serpente, il traditore interno al partito, a dare quel sostegno bipartisan che mancava al presidente a un pugno di ore dalle elezioni. Si sa come è andata, e si sa che i compagni di partito non hanno mai perdonato Christie per quell'assist così politicamente corretto da diventare scorretto, per quell'eccesso di onestà politica che però avrebbe anche tutta una serie di interessi personali: perché a Christie, repubblicano alla guida di uno stato blu, in vista della corsa per il secondo mandato (in autunno) fa comodo proporsi come un politico trasversale e mostrarsi con Obama. Ma tutto ciò gli farebbe gioco anche in vista di una corsa alla nomination per le presidenziali del 2016 (di cui si parla molto, ma che sarebbe contestatissima dai vertici del partito).

Fa gioco anche a Obama, farsi fotografare sul Jersey Shore ritirato a lucido con l'amico-nemico che tanto gli ha dato una mano nella rielezione alla Casa Bianca: distrae l'opinione pubblica da scandali e magagne, giornalisti spiati, disastri dei servizi a Bengasi, invadenze fiscali a danno dei rivali, terrorismo, Guantanamo, disoccupazione. Invece in mostra c'è un governo federale che agisce, dà soldi, funziona; e uno stato (il New Jersey) che si è rimboccato le maniche e si è ripreso da 38 miliardi di dollari di danni. La cartolina insomma è un regalo che si fanno entrambi, Obama e Christie, di nuovo insieme: appena il presidente è sceso dall'aereo, ieri, mancava poco che si baciassero. Il saluto, i sorrisi, le mani strette e le pacche sulle spalle dicevano tutto. Compreso quanto lui, Christie, se ne freghi: delle critiche del partito, delle accuse di coltivare il proprio orticello e anticipare la campagna elettorale, delle insinuazioni sul suo protagonismo. A chi non lo ama, lui risponde come fece nell'autunno scorso dopo il «caso Sandy»: «Faccio il mio lavoro». Non ha paura di incontrare la gente e gli elettori sul Jersey Shore, non ha paura di mostrarsi con Obama, non ha paura dei repubblicani furiosi, perché non ha paura di se stesso: lui, un governatore tremendamente oversize in un'America col mito della forma fisica e del salutismo. Decisamente sovrappeso (di fianco al presidente, poi), se diventasse il successore di Obama sarebbe la nemesi di Michelle, la first lady che della lotta all'obesità ha fatto la sua battaglia. Così grasso e non timoroso di mostrarsi tale che in televisione da David Letterman è riuscito a dominare la scena estraendo una ciambella e mangiandosela in diretta, lamentandosi per la durata della trasmissione.

Di recente una ex dottoressa della Casa Bianca ha detto che, se diventasse presidente, si correrebbe il rischio che morisse in carica. Lui ha risposto: «Dovrebbe stare zitta». Con chi gli ha chiesto del suo intervento chirurgico (a febbraio) anti obesità all'inizio è stato duro: «Non sono affari vostri». Poi però in una conferenza stampa nella sua Newark il quasi cinquantunenne Christie ha rivelato che sì, si è operato, e l'ha fatto per la sua salute, per «il futuro della mia famiglia», mica per le presidenziali (ha detto che non gliene importa ormai troppe volte per credergli). Un presidente repubblicano con la passione per un democratico (nero) e pure extra large sarebbe la rottura di un doppio tabù. Che sia possibile è un altro discorso, ma Robin Lakoff, docente a Berkeley, sull'Huffington Post ha scritto che Christie è «large», in tutti i sensi: perché irride «la nostra domanda di magrezza a ogni costo»; e perché la sua stessa stazza è performativa, il governatore «occupa lo spazio di cui ha bisogno e che vuole, è lì davanti a te, e non può diventare invisibile». Una sfida, comunque: già lanciata ogni volta che scende in campo. L'ha detto lui stesso: il peso è «l'unica forma di discriminazione ancora accettata in questo paese». Un paradosso.

Christie fa di tutto per smascherarlo, anche a colpi di ciambelle (e di operazioni chirurgiche).

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