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Corruzione e povertà. Ora il Sudafrica rischia una guerra tra clan

L'ex presidente non è riuscito a creare una classe dirigente capace di raccoglierne l'eredità. E i neri delle township restano senz'acqua né luce

Corruzione e povertà. Ora il Sudafrica rischia una guerra tra clan

Per quanto si fosse ritirato dalla vita pubblica nel 2004, abbia fatto la sua ultima apparizione nel 2010 in occasione dei mondiali di calcio e da due anni avesse perso buona parte delle sua facoltà mentali, Nelson Mandela esercitava ancora una profonda influenza sulla politica sudafricana. Per la nuova generazione, non era più l'idolo che era stato all'inizio degli anni Novanta, quando negoziò con la minoranza bianca la fine dell'apartheid e il passaggio a una democrazia multietnica, ma rimaneva il principale punto di riferimento morale per una nazione che sta attraversando un periodo molto difficile. Oltre alla donna che, appena saputo della sua morte, è corsa davanti alla sua casa e ha dichiarato alle tv di mezzo mondo «Era nostro padre, nostra madre, era tutto per noi: come faremo senza di lui?», c'è anche un crescente numero di giovani per cui egli è stato troppo indulgente verso i bianchi (allora il 12% della popolazione, ora sceso al 9 per l'esodo di chi aveva paura del futuro) o addirittura si è lasciato comprare da loro. Tuttavia, è convinzione diffusa che fino adesso l'African National Congress, il partito che ha fondato e guidato alla vittoria, non si sia spaccato soltanto per rispetto della sua persona e che ora le faide interne che lo minano da tempo possano prendere il sopravvento. Già la scorsa estate, quando pareva che Mandela stesse per morire, la dirigenza ha espulso l'ex capo delle federazione giovanile Julius Malema, che si è messo alla testa di un movimento radicale che vuole seguire l'esempio del vicino Zimbabwe: espropriare le terre dei bianchi e ridimensionare drasticamente la loro influenza.

Mentre ha pilotato magistralmente il passaggio dall'apartheid a una democrazia multirazziale, evitando il bagno di sangue che molti temevano e guadagnandosi il Nobel più meritato degli ultimi 50 anni, Madiba non è infatti riuscito a formare una classe dirigente in grado di raccoglierne la successione. Già sotto la sua presidenza, tra il 1994 e il 1999, egli aveva chiuso gli occhi di fronte a plateali casi di corruzione tra i suoi vecchi compagni di lotta, forse per compensarli delle persecuzioni che avevano subito. In una intervista concessa nel 2007 al giornalista americano Bill Keller, a condizione che fosse pubblicata solo dopo la sua morte, Mandela accusò apertamente il suo successore Mbeki di essere un «cattivo governante»; e aveva una pessima opinione anche dell'attuale presidente e suo vecchio compagno di prigionia Jacob Zuma, coinvolto in vari scandali e ora nel mirino della magistratura per avere speso 27 milioni di dollari pubblici per la sua residenza privata. Nella sua stessa famiglia, formata da tre mogli, tre figlie (altri due figli sono morti, uno di Aids) 17 nipoti e 14 pronipoti, sono venuti alla ribalta personaggi poco raccomandabili, a cominciare da suo nipote Mandla che passa per uno dei più spregiudicati faccendieri del Paese.
Il Sudafrica rimane, grazie anche alle infrastrutture costruite dai bianchi, il più avanzato Paese del continente e fa parte dei Brics, l'alleanza delle nazioni emergenti. Tuttavia, negli ultimi tempi lo sviluppo ha subito una battuta d'arresto, la disoccupazione sfiora il 50 per cento e le condizioni delle masse di neri diseredati non sono molto cambiate dai tempi dell'apartheid: acqua e luce sono state portate in molte case delle township, ma la povertà rimane diffusa e il malcontento popolare è in crescita. Di recente, la polizia ha reagito a uno sciopero selvaggio dei minatori uccidendo 34 dimostranti e la «società libera e democratica in cui tutti vivono insieme in armonia e con le stesse possibilità» che Mandela promise nel più famoso dei suoi discorsi appare ancora lontana.

Nonostante tutto ciò, l'Anc tornerà a vincere le elezioni del 2014, Zuma rimarrà presidente per altri cinque anni, il Partito democratico di opposizione, diretto dall'ex sindaco di Città del Capo Helen Zille che raccoglie i voti dei bianchi, degli indiani, dei meticci e di una parte della nuova borghesia nera del nuovo establishment, arrriverà al massimo al 25 per cento. E ora che Mandela non c'è più, i bianchi, che pure mantengono un forte potere economico e il controllo di buona parte dei media, torneranno ad avere paura e si isoleranno sempre più nei loro ridotti.

Adesso, per quindici giorni, assisteremo a quelle che, probabilmente, diventeranno le più solenni onoranze funebri della storia; ma, subito dopo, le cose potrebbero mettersi in movimento.

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