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Notte di mediazione per Kerry e Lavrov

I ministri americano e russo cercano un compromesso per risolvere la crisi ucraina, ma Kiev lo respinge

John Kerry e Serghei Lavrov prima del faccia a faccia a Londra
John Kerry e Serghei Lavrov prima del faccia a faccia a Londra

Salutando i giornalisti ieri sera prima di chiudersi in una stanza della residenza dell'ambasciatore russo a Parigi con il segretario di Stato americano John Kerry, il ministro degli Esteri di Putin, Serghiei Lavrov, ha detto in inglese con tono scherzoso: «Buonanotte e buona fortuna». Un modo per far intendere che i colloqui sulla crisi ucraina sarebbero durati molto a lungo. In attesa di conoscerne l'esito, si può ricordare che la proposta che il Cremlino ha voluto mettere all'attenzione di Barack Obama (e indirettamente dei suoi alleati europei: Kerry infatti, prima di incontrare Lavrov, ha parlato con il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius) si sostanzia nella pretesa di fermare la pericolosa spirale delle reciproche sanzioni ottenendo la trasformazione dell'Ucraina in uno Stato neutrale e federale. Mentre dall'altra parte si vorrebbe che a un discorso di questo genere si accompagnasse il (più che improbabile a questo punto) ritiro russo dalla Crimea.

Kiev non ha perso tempo a respingere a tutte lettere la proposta del Cremlino: «Con i suoi cannoni e i suoi fucili - si legge in un comunicato del governo ucraino di ieri pomeriggio - questo aggressore ci sta chiedendo soltanto una cosa, la capitolazione dell'Ucraina, la sua divisione e la sua distruzione come Stato. Ma deve smetterla con i toni paternalistici e con la pretesa di insegnare a uno Stato sovrano come dovrebbe comportarsi».

Mosca insiste nel negare qualsiasi intenzione di invadere l'Ucraina, ma il Pentagono è poco disposto a credere che i suoi ampi movimenti di truppe a poca distanza dal confine si spieghino unicamente con delle esercitazioni. E del resto il linguaggio usato da Mosca è sottilmente ambiguo: «non abbiamo intenzione» lascia intendere che se «provocati» potrebbero «trovarsi costretti nell'interesse delle minoranze russofone» a invadere ugualmente il «Paese fratello». Ecco perché ieri il ministro americano della Difesa Chuck Hagel - che ha citato «l'incertezza della situazione» e la «mancanza di trasparenza» delle comunicazioni russe - ha ordinato il rientro anticipato al suo posto da Washington del generale Breedlove, comandante delle truppe Usa in Europa.

Un altro messaggio chiaro è stato inviato dalla Casa Bianca a Mosca con lo stanziamento di 10 milioni di dollari in favore della Moldavia affinchè rafforzi i controlli sulla frontiera con l'Ucraina. Parte del confine tra Ucraina e Moldavia è infatti occupato dalla Transnistria, una piccola regione separatista, la cui indipendenza da Chisinau fu dichiarata nel 1992 e seguita da una breve guerra. La Transnistria è riconosciuta solo da Mosca, che la finanza e la sostiene anch e militarmente, con 1.500 soldati.

Nei giorni successivi all'annessione della Crimea alla Russia, i leader della Transnistria si sono rivolti a Putin chiedendo protezione, proprio come fanno i russofoni delle province orientali dell'Ucraina che Lavrov vorrebbe «federalizzare», cioè staccare dal controllo di Kiev.

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