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I colossi Usa spiati dalla Cina: super-ricercati cinque militari

L'Amministrazione Obama pronta alla guerra legale contro gli ufficiali dell'esercito di Pechino: "Pratiche inaccettabili". La replica: accuse fabbricate

I colossi Usa spiati dalla Cina: super-ricercati cinque militari

New York - L'ufficio da cui attaccano computer e account di aziende e grandi corporazioni in America è in un anonimo palazzo di dodici piani, di un colore bianco sporco, in un sobborgo di Shanghai. Sono ufficiali dell'unità 61398 dell'Esercito popolare di liberazione cinese, ma c'è chi li chiama con un altro nome: il «gruppo di Shanghai». I primi a rivelare la loro esistenza nel 2013 sono stati gli analisti di una società di sicurezza americana, Mandiant. Almeno dal 2009, però, come rivelato da documenti resi pubblici da Wikileaks, il Dipartimento di Stato americano sa delle irruzioni cinesi nei server di importanti aziende nazionali private e conosce la connessione con l'esercito cinese. Il «gruppo di Shanghai» è stato esposto ieri dai giudici americani. Nomi e cognomi e fotografie di cinque ufficiali sono ora su tutti i giornali e le televisioni del mondo e gli Stati Uniti li hanno accusati formalmente di cyber spionaggio e di furto industriale. È la prima volta che l'America muove una battaglia legale contro specifici funzionari di un esercito o di un governo stranieri nella guerra al cyber spionaggio.
Il procuratore generale Eric Holder ha raccontato ieri ai giornalisti le origini della più dura delle azioni americane per bloccare i cyber furti cinesi. «Quando una nazione straniera usa le sue risorse militari o di intelligence contro compagnie americane per ottenere segreti commerciali o informazioni sensibili legate al business a beneficio delle sue compagnie statali, è necessario dire basta». Gli ha fatto eco più tardi la Casa Bianca, definendo l'operazione «inacettabile». D'altra parte l'Amministrazione Obama ha provato a dire basta per lungo tempo, ma «gli sforzi diplomatici», spiegava ieri Robert Anderson, del dipartimento dell'Fbi che si occupa di contrastare il cyber spionaggio, sono falliti e «questa è la nuova normalità».
Secondo il Wall Street Journal, a rallentare i progetti americani per arginare i furti industriali cinesi è stata anche l'esplosione nel 2013 dello scandalo Nsa, le rivelazioni di Edward Snowden che hanno messo allo scoperto le azioni di cyber spionaggio degli Stati Uniti nei confronti del colosso delle telecomunicazioni cinese Huawei, ritenuto dai funzionari americani «veicolo di spionaggio» del regime cinese. Il ricordo dello scandalo Nsa è ancora nitido nell'opinione pubblica non soltanto americana, ma sembra essere passato abbastanza tempo per far cambiare strategia all'America, che apre una stagione di esplicite battaglie legali contro le cyber interferenze cinesi.
Il governo di Pechino parla di «fabbricazione» e di erosione della fiducia tra Stati Uniti e Cina. Il suo ministro degli Esteri annuncia la sospensione delle attività di un gruppo di lavoro congiunto su Internet e nega ogni accusa. Il Dipartimento della Giustizia americano però rende noti i dettagli e i nomi delle compagnie colpite dal 2010 al 2012. Si tratta di aziende nel campo dei metalli, dell'energia solare e nucleare. Alla Allegheny Technologies, per esempio, specializzata nella lavorazione dei metalli, gli hacker dell'unità 61398 dell'esercito cinese hanno rubato i dettagli sulle qualifiche dei nuovi dipendenti. Alla U.S. Steel Corp. sono riusciti a entrare in 1.753 computer aziendali. Alla Alcoa Inc. terzo produttore mondiale di alluminio, gli hacker hanno aperto 2.907 email e 863 allegati.

Anche un sindacato è stato colpito dalle azioni del «gruppo di Shanghai», i cui membri da oggi potranno difficilmente viaggiare all'estero, a causa delle nuove accuse penali, in paesi alleati con gli Stati Uniti.

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