Mondo

L’ultima folle impresa dei turisti a caccia di guai

Nonostante gli avvisi della Farnesina, sono tanti i nostri connazionali che non rinunciano ai tour ideologici, e un po’ ingenui, all’insegna del rischio

L’ultima folle impresa dei turisti a caccia di guai

Il mappamondo ci porta in ogni angolo del pianeta in una frazione di secondo. Ma ci sono luoghi, stati interi, in cui è bene non andare. Per non mettersi nei guai. Inutile illudersi: sono paesi a rischio, da molto tempo e chissà fino a quando. La Somalia è un caso da manuale e la Farrnesina, nel suo sito www.viaggiare sicuri.it, lo spiega, sconsigliando i viaggi nel modo più assoluto. La Somalia, di fatto, non esiste più da anni, si è spezzata come una nave in diversi tronconi e i cittadini occidentali sono la mercanzia più pregiata per predoni e guerriglieri vari. Cinema e giornalismo dovrebbero averci messo in guardia.
Si parla meno invece dello Yemen, ma non per questo lo Yemen è meno pericoloso. Il turista, che viene calamitato da questo Paese incantevole, rischia grosso. I rapimenti non si contano e la Farnesina ammonisce i nostri connazionali: state alla larga. Ma non tutti rispettano i consigli del Ministero degli esteri. C’è sempre qualcuno convinto di essere più esperto degli altri, o semplicemente più scaltro, ma la realtà è diversa.
Meglio non infilarsi nelle situazioni più incendiarie dell’Africa: via dal Niger e via pure dalla Nigeria, dove è morto Franco Lamolinara. In generale e nello specifico è bene tenersi lontano da sei zone del colosso africano, indicate nella lista nera della Farnesina. Così è bene procedere con molta cautela in Algeria: i quartieri delle grandi città, da Algeri a Orano, possono trasformarsi in trappole per i turisti che si trovano all’improvviso in mezzo a violenti moti di piazza. Ma, soprattutto, il rischio è in fondo al Paese, laggiù nel deserto che pure calamita molti viaggiatori: a seguito del sequestro a sud di Djanet di Sandra Mariani, sono sconsigliati «nella maniera più assoluta» gli spostamenti a ridosso delle frontiere con Mali, Niger, Mauritania e Libia. La Mariani è l’ostaggio da più tempo nelle mani dei rapitori: ormai è prigioniera da più di un anno. E sempre in Algeria prosegue l’odissea di Rossella Urru, pure portata via il 22 ottobre scorso e di cui era stata annunciata e poi smentita la liberazione.
Occorre distinguere, dunque, anche all’interno di un Paese. A volte non c’è lo sconsiglio classico, ci può essere un giudizio più sfumato, e può essere che un paese sia sezionato. In linea generale si può andare in India, ma il Kashmir è da sempre il teatro di azioni terroristiche compiute dai ribelli di matrice musulmana che non ne vogliono sapere di Nuova Delhi. Del resto fra le montagne e i ghiacciai del Kashmir India e Pakistan hanno combattuto guerre sanguinose, senza mai risolvere il contenzioso. Poi, con gli anni, nella regione si sono infiltrate le ideologie più radicali e la rete di Al Qaida, il network del terrore che purtroppo funziona come un marchio, dalla Mauritania alla Somalia.
Ci vuole prudenza, o cautela - ciascuno può applicare alle proprie preoccupazioni la parola più adatta - in molte aree dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. La Colombia è un paese che sta cambiando, ma ci sono vaste zone nella selva in cui è bene non avventurarsi. Così come può essere pericoloso l’Honduras, dove i tassi di criminalità sono spaventosi. Insomma, prima di partire è bene studiare: le regioni dell’Etiopia al confine con la Somalia non sono sicure. E occorre tenere bene aperti gli occhi anche in quei paesi che sono stati toccati dal soffio della primavera araba: un tempo erano tranquilli e i pericoli erano ridotti. Oggi non è più così: le spiagge dell’Egitto sono sempre una meta rilassante, ma città e villaggi sono da attraversare o frequentare con gli occhi ben aperti; e anche la Libia è un grande punto di domanda. Non c’è più Gheddafi, c’è una grande instabilità.
Ma gli stati da evitare sempre e comunque non sono poi molti. E purtroppo le crisi tornano nei focolai più infiammati. Afghanistan e Iraq possono andare bene per pattuglie superspecializzate di militari, non per i nostri standard turistici. E Haiti resta un Paese disgraziato, piegato dal terremoto e dalle epidemie. Talvolta, la rinuncia è il viaggio più faticoso.

Ma anche quello che si ricorderà con piacere.

Commenti