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"Niente bulgari e romeni": la Germania pronta al veto

Berlino teme un'invasione e annuncia il suo no all'allargamento dell'area di libera circolazione. Al Paese serve manodopera, ma Merkel pensa alle urne

"Niente bulgari e romeni": la Germania pronta al veto

I bulgari e i romeni no. Il governo tedesco è pronto a ricorrere alla risorsa estrema del veto pur di impedire l'accesso di Sofia e Bucarest nell'«area Schengen» in cui è ammessa la libera circolazione dei cittadini europei. Il giorno della verità potrebbe essere giovedì, quando si riuniranno a Bruxelles i ministri della Giustizia e dell'Interno dell'Ue per discutere la domanda di ammissione dei due Paesi più poveri dell'Unione. Hans-Peter Friedrich, ministro tedesco dell'Interno, lo ha detto chiaramente in un'intervista al settimanale Der Spiegel: «Se Bulgaria e Romania insisteranno su una votazione, l'iniziativa fallirà per veto tedesco».

La preoccupazione di Berlino riguarda una possibile ondata di rom bulgari e romeni in Germania, che verrebbe ad aggiungersi a quella già recentemente arrivata da alcuni Paesi balcanici. Questi «profughi», sostengono le autorità tedesche, si spostano in Germania in gruppi molto consistenti (di centinaia e in alcuni casi anche migliaia di persone) che tendono a installarsi in una stessa città, venendo a fruire dei servizi sociali e incidendo in maniera pesante sui bilanci locali, oltre che sugli equilibri sociali.

Ma la questione bulgaro-romena si collega anche con i recenti scandali sui maltrattamenti cui sono stati sottoposti, presso alcune grandi aziende straniere in Germania, lavoratori provenienti dai Paesi più poveri d'Europa. Il caso più clamoroso, emerso il mese scorso sui media tedeschi, riguarda Amazon, il colosso americano della distribuzione editoriale via internet, accusato di aver trattato così duramente le migliaia di dipendenti temporanei fatti affluire in autobus dalla Romania e dalla Spagna da ricorrere perfino a una losca compagnia di vigilantes nazistoidi (allusivamente denominata «Hess» come il noto gerarca del Terzo Reich) per tenerli sotto controllo. Sindacati e politici di sinistra erano intervenuti in difesa di questi lavoratori, sollevando un problema politico. E non sembra illogico considerare la severità ora ostentata da un ministro del governo Merkel nell'ottica di una campagna elettorale ormai avviata, con i tedeschi che saranno chiamati alle urne per le politiche nel prossimo settembre.

Anche perché il contesto politico in Germania, che può sembrare statico a chi lo osserva superficialmente dall'esterno, sta in realtà modificandosi. A imprimere cambiamenti che potrebbero rivelarsi in futuro anche di prima grandezza sono gli sconquassi economici e politici nei Paesi più deboli dell'eurozona. Una quota crescente di elettori tedeschi respinge l'idea che la Germania debba accollarsi i costi del salvataggio della moneta unica, anche se fino a oggi è stata proprio l'economia tedesca a godere dei più larghi vantaggi derivanti da essa. Così è stato annunciato il lancio, previsto per il prossimo 13 aprile, di un nuovo partito d'impronta populistico-tecnocratica («Alternativa per la Germania») con tre punti essenziali dichiarati: Berlino non deve più garantire per i debiti degli altri Stati Ue; rinunciare a un'eurozona unica dando a tutti gli Stati la libertà di abbandonare l'euro; sottoporre a referendum la parziale rinuncia tedesca alla propria sovranità prevista dai trattati europei.

«Alternativa per la Germania» si unisce così al già esistente movimento dei Liberi Elettori («Freie Wählern») nell'opposizione radicale alle politiche della Merkel sul salvataggio dell'euro. E al pittoresco «Piratenpartei» in quello che potrebbe rivelarsi un altro fuoco di paglia della politica tedesca: i Pirati negli ultimi due anni sono approdati trionfalmente, partendo dal nulla, a buona parte dei Parlamenti regionali, ma l'onda lunga del loro successo presso i giovani internettiani si sta già rivelando ben più corta del previsto.

E qui forse Grillo e Casaleggio dovrebbero meditare.

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