"Obama sarà soddisfatto dei suoi fallimenti"
Intervista a Michael Ledeen. Per l'intellettuale neocon le scelte disastrose in Medio Oriente erano nel programma di Obama. Intanto i radicali islamici avanzano ovunque
Intervista a Michael Ledeen. Per l'intellettuale neocon le scelte disastrose in Medio Oriente erano nel programma di Obama. Intanto i radicali islamici avanzano ovunque

Molti pensano che i fallimenti della politica estera di Barack Obama siano imputabili ad inesperienza ed errori suoi e del suo staff. Ma non è così. Al contrario, Obama sta realizzando esattamente quello che progettava sin dall’inizio. E quella che, per tutti o quasi, appare come una sconfitta, per lui è un grande successo.
A parlare è Michael Ledeen, nel salotto di un centralissimo hotel di Roma dove trascorre il suo soggiorno italiano, destinato a raccogliere il materiale per un libro sull’ebraismo italiano. Perché il professor Ledeen è anche un raffinato italianista, noto per la famosa “Intervista sul Fascismo” con Renzo De Felice. Diciamo “anche” perché Ledeen è molte altre cose: un analista politico di altissimo livello, già uno dei consiglieri più ascoltati da Reagan e da Bush padre. In Italia è stato consulente del nostro SISMI e, oggi, qualcuno lo indica come un riferimento per Renzi. Negli anni di George W. Bush era considerato una sorta di padre nobile dei famosi neocon. Etichetta che, però, rifiuta.
Sinceramente non ho mai compreso cosa si intenda con questo termine. I media etichettano così uomini con storie e posizioni molto diverse. Per esempio, io non sono mai stato d’accordo con Wolfowitz sulla scelta di muovere guerra a Saddam Hussein. Era un obiettivo sbagliato. Il vero pericolo era, e resta, l’Iran degli ayatollah, che andrebbe affrontato più con strumenti politici che militari. Eppure veniamo entrambi etichettati come neocon. E questo solo perché, oggi, chi ritiene necessario combattere per difendere la democrazia nel mondo viene considerato un uomo di destra. Mentre, un tempo, era patrimonio comune, basti pensare a Presidenti come Wilson e Kennedy.
Mentre Obama?
Obama è un radicale di sinistra, un intellettuale come se ne trovano a centinaia ad Harvard e dintorni. Non per nulla viene da una famiglia di sinistra, la madre era un’antropologa, il padre uno studente kenyota, marxista, che odiava gli Stati Uniti. E ha studiato, appunto, ad Harvard, fucina dei radical statunitensi – sorride – George W., invece, aveva fatto Yale; un altro mondo. Comunque Obama aveva ben chiaro cosa voleva fare sin dall’inizio. Era nel suo programma già nel 2008. Ed ora lo sta realizzando. Come le dicevo, un grande successo. Ma non per l’America.
Ma quale sarebbe questo programma?
Obama vuole un’America più debole, più chiusa in se stessa, retroflessa solo sui suoi problemi economici e sociali interni. E, di conseguenza, vuole abbandonare il mondo al suo destino. Rinunciare ad incidere sugli equilibri globali. Per questo ha favorito in tutti i modi i nemici degli Stati Uniti, dai jihadisti agli ayatollah iraniani. Senza dimenticare quanto avvenuto nei paesi del Maghreb. Non si tratta di errori, bensì di scelte politiche ben precise. Che aveva già delineato nel suo discorso all’Università cairota di Al Azhar appena eletto, e cominciato a portare avanti con il ritiro frettoloso dall’Irak.
E le conseguenze?
Beh, il Maghreb è nel caos e ovunque avanzano gli islamisti radicali. L’Irak è abbandonato a se stesso fra l’incudine iraniana ed il martello dell’ISIS. In Siria infuria la guerra civile, e la scelta è tra il regime di Assad, alleato di Teheran, e gli islamisti radicali. In Afghanistan tornano ad avanzare i Talebani. Un disastro cui sarebbe stato facile porre freno e rimedio. Ma Obama non ha voluto farlo.
E Israele?
Israele si sente sempre più minacciata. E sola. Anche perché gli israeliani sono coscienti che Obama non è loro amico. Preferisce gli islamisti radicali e gli iraniani. Una scelta dettata dall’ideologia.
Andrea Marcigliano
Senior fellow del think tank
"Il Nodo di Gordio"
www.NododiGordio.org
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