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Il Qatar si compra anche le banlieue

Hollande firma accordi per investimenti nelle periferie. Polemiche per la crescente influenza dell’emirato

Il Qatar si compra anche le banlieue

Non bastava aver messo le mani su Louis Vuitton e Paris Saint-Germain. Non bastava essersi aggiudicati una megafetta della torta immobiliare francese, dall'imponente Concorde La Fayette agli storici e lussuosi hotel Martinez di Cannes e Hôtel du Louvre di Parigi. Dopo l'ingresso in grande stile nei magici imperi del calcio, della moda, degli immobili e dell'informazione, e dopo aver messo lo zampino su sei dei titoli del Cac-40 (l'indice della Borsa parigina), il Qatar punta ora alle banlieue. Il governo di Jean-Marc Ayrault ha concluso un progetto per la formazione di un fondo a capitale qatariota, con l'obiettivo di investire nelle periferie francesi, e che prevede anche una partecipazione dello Stato, non ancora pubblicamente quantificata. Di mezzo ci sono «almeno 100 milioni di euro», ha spiegato il ministro Montebourg. E ci sono anche i destini di alcune delle aree più disagiate di Francia - dove la disoccupazione fra i giovani sfiora il 40%, come ricorda uno dei promotori del progetto partorito da Aneld, l'associazione degli eletti locali per la diversità - e dove la forte componente musulmana - come ha sottolineato la leader del Front National Marine Le Pen, contraria all'accordo - è all'origine dell'interesse dell'emiro, un Paese straniero a cui Parigi «lascerà scegliere gli investimenti in funzione della religione di questa o quella parte della popolazione».
Il Qatar porta a casa un «investimento» che all'apparenza sembra tutto a perdere: le periferie delle città francesi ormai considerate ghetti, affollate come sono di immigrati, per lo più senza lavoro, che vivono ai margini e tornano al centro del dibattito politico quando scatenano la rivolta o sotto campagna elettorale. L'accordo, però, è di reciproco interesse e non a caso - pur di scansare le critiche di «criminale inazione dei poteri pubblici» in materia di banlieue, il presidente François Hollande e il suo ministro del Rilancio produttivo, Arnaud Montebourg, si sono spinti laddove lo stesso Sarkozy non aveva osato arrivare, nonostante l'ex presidente avesse già regalato al Qatar un regime superagevolato in grado di esonerare la famiglia reale dell'emirato dalle imposte sulle plusvalenze immobiliari.

A spiegare meglio di ogni altro il vero obiettivo dell'emirato - un Paese il cui territorio è grande quanto quello della Corsica e il cui Pil pro capite è di 70.639 euro, più del doppio dei 31.615 euro francesi - ha pensato una fonte anonima vicina al dossier svelato da Libération: «Il Qatar è in piena strategia di conquista dell'opinione pubblica. Mostrarsi benefattori delle banlieue, è il modo dei qatarioti di farsi accettare per andare più lontano».

Dove? Probabilmente nel cuore della politica francese, con cui ha sempre avuto a che fare e che ha sempre coccolato l'emiro, dai tempi di Mitterrand, che garantiva al Paese arabo il 90% delle forniture militari, passando per Chirac, che da presidente è stato a Doha nove volte, fino all'idillio vissuto con Sarkò, che ha scelto lo sceicco Hamad al Thani, a capo della monarchia, come suo principale partner diplomatico nel mondo arabo. E così fino ai giorni nostri, con il Qatar che è stato il Paese più «ricevuto» all'Eliseo dall'inizio del quinquennato di Hollande. Poco da stupirsi se si pensa che del bottino che varia fra i 15 e i 25 miliardi di euro investiti ogni anno all'estero dall'emirato, circa 800 milioni finiscano in Francia. E poco da stupirsi se si guarda alla strategia d'assalto degli sceicchi qatarioti in Francia. A cominciare dal calcio, con l'acquisto del Paris Saint Germain come trampolino di lancio per la conquista dei cuori e delle menti degli europei - e per di più nel 2022 il Campionato del mondo si svolgerà in Qatar - fino all'assalto al mercato immobiliare con l'acquisto di alberghi ed edifici che rappresentano un pezzo di storia architettonica e sociale di Francia per poi passare dal cruciale mondo dell'informazione con gli acquisti di BeIn Sport 1 e 2 sul satellitare (e Al Jazeera già in mano a Tamin Al Thani, erede al trono e uno degli uomini più ricchi del mondo) e arrivare a quello delle imprese, dove i rapporti di forza Francia-Qatar si invertono in Medio Oriente, con l'emiro arabo che nelle joint venture controlla spesso il 51% del capitale. Ma gli appetiti degli sceicchi pare siano persino più ambiziosi. E spiegano l'appoggio alle rivoluzioni arabe e ai Fratelli musulmani e quel doppio gioco con cui il Qatar mostra all'estero il suo volto pro-occidentale mentre all'interno del Medio oriente finanzia i gruppi estremisti salafiti. «Il Qatar vuole deporre le repubbliche laiche autoritarie arabe - spiega a Libération il consulente francese per la regione Karim Sader - e vuole rimpiazzarle con una sorta di “real-islamismo”: una borghesia islamica urbanizzata, aperta al business, tipo Ennahda in Tunisia.

E incarnare così il wahabismo del Ventunesimo secolo».

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