Crisi siriana

Quei Grandi ipocriti che dimenticano gli altri 99mila morti

Questa è una guerra democratica, quindi essenzialmente uno show di ipocrisia, un capolavoro di doppiezza

Quei Grandi ipocriti che dimenticano gli altri 99mila morti

Sembra dunque che Assad avrà il fatto suo. No, nessuno lo caccerà dalla sua poltrona insanguinata, non sono previste soluzioni alla irachena, con il vecchio tiranno Saddam Hussein impiccato in un sotterraneo: questa è una guerra democratica, niente metodi da cowboy con tanto di centinaia di migliaia di stivali americani sul suolo nemico. Non è neppure il caso di attendersi un esito alla libica, con l'America in cabina di regia ma con le mani nette mentre altri procedevano a linciare l'antico nemico Muammar Gheddafi: questa è una guerra democratica, e anche dai precedenti eccessi di azioni simili bisogna pur trarre una lezione. Bashar el-Assad avrà dunque quel che si merita: tre giorni di strigliata largamente preannunciati, bombe su bombe fino a stordirlo, ma poi quando il fumo si sarà diradato lo scafatissimo dittatore potrà soffiar via la polvere dalle giacche blu di ottimo taglio che tanto apprezza, lasciare il bunker più o meno segreto dove si sarà rifugiato e tornare a sedersi su quella famosa poltrona.

Perché questa è una guerra democratica, quindi essenzialmente uno show di ipocrisia. Assad lo si può rimbecillire di cannonate, ma è meglio che resti dov'è dopo tutto. Giusto dare un segnale dopo tante atrocità, come no, ma scalzarlo per poi magari vederlo rimpiazzato da qualche fanatico barbuto alla Zawahiri non sembra una buona idea; e anche l'ipotesi che la Siria finisca come l'Iraq o come la Libia non entusiasma, anche perché a Damasco non si vedono generali pronti a sciogliere nodi gordiani con la grinta dell'egiziano Abdelfattah al-Sisi. Per non dire delle solenni scocciature che già così arriveranno da Zar Vladimir, che di Assad è un protettore tanto interessato quanto deciso. No, vanno benissimo tre giorni di show aeronautico e artiglieresco, un po' come fece Bill Clinton nel 1998 in Afghanistan per intimidire Bin Laden che gli aveva fatto saltare due ambasciate in Africa orientale. Poi venne l'Undici Settembre, ma quella è un'altra storia... o forse no.

Sappiamo in che mondo viviamo, e non è il caso di meravigliarsi troppo: la politica è il regno del possibile, oltre che della bugia ben ammantata di nobili intenzioni. Ne abbiamo sentite tante ormai. Eppure talvolta si prova ancora la spiacevolissima sensazione che il limite della faccia tosta sia stato comunque valicato. E ci voleva un maestro del politicamente corretto come John Kerry per sorprenderci ancora. Le sue dichiarazioni di lunedì sera sono un capolavoro di sfacciataggine. «L'America ha le prove dell'uso dei gas: è un'oscenità morale»; «Attacco chimico scioccante contro il suo stesso popolo»; «Ho visto i filmati da pugno allo stomaco, non mi va via dalla testa l'immagine di un uomo che abbraccia la propria figlia morta». E via così.

Ora, per carità: è tutto vero. Ammazzare donne e bambini con i gas nervini è un'infamia, e i filmati che documentano queste eroiche imprese danno la nausea e fanno montar la voglia di farla pagare a chi ne è responsabile. Però: è sbagliato chiedersi, e chiedere al segretario di Stato Kerry, al presidente Obama e ai suoi volenterosi alleati Cameron e Hollande, i Grandi dell'ipocrisia che stanno velocemente assemblando la nuova coalizione, se sterminare per due anni i propri connazionali di ogni età a colpi di mortaio, di kalashnikov, di baionetta o torturandoli a morte in qualche caserma sia meno osceno? Le cifre della guerra condotta da Assad contro il suo stesso popolo vanno ben oltre i milletrecento o quanti sono che hanno lasciato la vita la scorsa settimana in una nuvola di Sarin: i siriani morti ammazzati in questa primavera diventata inverno e poi inferno sono oltre centomila, quelli scappati all'estero ben più di un milione, quelli ridottisi a vivere da profughi nel loro stesso Paese molti di più. Bisognava aspettare l'uso del gas per parlare di oscenità imperdonabile?
Ma questa è una guerra democratica, ottima dunque per definizione. Il cowboy Bush andò in Iraq «per il petrolio» (che oggi si ciucciano più i cinesi degli americani, per la verità), il Nobel per la Pace Obama bastona la Siria - da debita distanza - per «moralità».

Non c'è paragone.

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