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Raid israeliano in Siria: missili iraniani nel mirino

di Fiamma Nirenstein

Obama può scegliere tutte le linee di prudenza che crede quando si parla di Siria, ma il rischio è che il terreno frani mentre lo tasta. E che si trovi come ieri a dover fornire il suo appoggio a cose fatte («Israele ha diritto di difendersi da armi») ad azioni come quella riportata ieri dalla Cnn, secondo cui giovedì o venerdì l'esercito israeliano aveva attaccato una struttura siriana segreta per le armi chimiche, l'informazione proveniva dalle forze di opposizione, e probabilmente gli attacchi erano stati lanciati dallo spazio aereo libanese. Ora Israele la mette giù più lieve, facendo filtrare che nessuna struttura siriana sarebbe stata presa di mira, ma concede che siano stati bombardati pericolosi rifornimenti per gli Hezbollah. Secondo il New York Times, però, l'obiettivo del raid aereo israeliano è stato un deposito in un aeroporto presso Damasco, nel quale erano ammassati missili iraniani del tipo Fateh-110S. Un deposito che sarebbe stato sotto il controllo di miliziani di Hezbollah e di elementi di Al Quds, forza paramilitare d'elite iraniana.
Ma da dove provenivano gli aerei? Esistono le cosiddette standoff bomb che si possono lanciare sull'obiettivo anche da una dozzina di chilometri di distanza. Ma il presidente libanese Michel Suleiman si è lamentato di numerosi sorvoli israeliani su Beirut, e si dice a Gerusalemme che sedici aerei da guerra sono decollati in poche ore e che la notte precedente Netanyahu ha convocato il Gabinetto per una riunione segreta. Suleiman accusa Israele di volere sovvertire la situazione libanese con questi sorvoli, ma la minaccia di sovversione è invece legata alla partecipazione degli Hezbollah alla guerra siriana. La Milizia di Dio rifornita dall'Iran e nell'ambito di un asse strategico ed economico che tiene insieme le forze sciite, ovvero gli ayatollah, Assad e Nasrallah, ha aiutato il rais siriano a fare quei settantamila morti che sono lo scandalo e il dolore del mondo intero. Ha combattuto con tutta se stessa, armi, uomini, addestramento. Solo ieri il vice di Nasrallah, Naim Qassem, ribadiva «noi abbiamo il dovere di armare i cittadini che abitano nei villagi del Qussair», ovvero al confine col Libano, sciiti.
Questo significa che la già terribile confusione importata in Libano dal numero stragrande di profughi siriani (pare siano 336mila) è complicata da scontri armati fra sciiti e sunniti mentre si rinfocolano tutti i conflitti etnici e religiosi che hanno straziato quel povero Paese per decenni. E la presenza siriana, cacciata con tanta fatica, rientra importata dal conflitto di cui gli Hezbollah sono comprimari. Nasrallah ha perso uomini, denaro e presa politica locale con la guerra, e ora non ha altra strada che quella di portare il conflitto alle stelle. È per questo che un drone, probabilmente suo, è stato abbattuto dagli israeliani vicino alla città di Haifa solo giovedì, e Nasrallah ha fatto sapere: «Se qualcuno ci crede indeboliti a causa del conflitto siriano, si sbaglia di grosso». Hezbollah insomma suggerisce minacciosamente ai libanesi di lasciargli attuare il suo piano: rimandare le elezioni, in modo che la sua attuale partecipazione al governo non venga messa in discussione. E intanto prepara una scena di coinvolgimento bellico dell'intero Paese per salvare Assad e se stesso. Naturalmente l'Iran fa da burattinaio.
Ma Israele come si vede, non ha remore nell'affrontare Hezbollah se, come stavolta, sta per venire in suo possesso qualche arma strategica, come i missili in grado di portare testate chimiche che sembra siano stati bombardati in Siria. Dunque, agirà in ogni situazione di pericolo, cercando di non prendere posizione per l'una o l'altra parte politica. E questa sua ultima mossa fa capire che non ha un problema ideologico ma pratico. Qui troviamo anche un chiaro monito all'Iran: anche se Obama non si muove, l'IDF non esiterà, se necessario e ovunque necessario, per esempio contro le strutture atomiche degli ayatollah. In più, si capisce dalla mancanza di remore nel colpire Assad e Hezbollah che per Netanyahu che l'asse iraniano venga danneggiato, ovvero che può anche, se del caso, venire utile ai suoi nemici.
Invece Obama si dibatte nel suo dilemma ideologico da quando è apparso evidente che Assad ha scavalcato la «linea rossa» delle armi chimiche. Anzi, ha due dilemmi: la sua dottrina lo tiene lontano dall'intervento bellico, che rifiuta per principio. Ma deve salvare la vita di una popolazione falcidiata da un dittatore assatanato, e i diritti umani sono un suo principio.

D'altra parte, le informazioni sull'estremismo islamista delle milizie in guerra con Assad sono peggiori ogni giorno, e Obama, che nel passato si è illuso sull'avvento al potere della Fratellanza Musulmana, non vuole fare un bis peggiore accogliendo come amici gli adepti di Al Qaida.

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