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La rivelazione choc: "Lady D era la talpa dei tabloid inglesi"

Il giornalista di "New of the world" sotto accusa: "La principessa mi inviò tre rubriche telefoniche. E mi chiamò per sapere se le avessi ricevute"

La rivelazione choc: "Lady D era la talpa dei tabloid inglesi"

Travolta pure l'icona nazionale. Nel fango anche il volto migliore della Casa Reale. Lo scandalo sulle intercettazioni illegali dei tabloid ha già rovinato la reputazione, la carriera e la vita privata di ex direttori e manager (Rebekah Brooks), di ex portavoce del governo (Andy Coulson), di funzionari di polizia corrotti e investigatori privati senza scrupoli, ma ieri ha fatto di più: ha colpito e affondato l'immagine della più amata dagli inglesi, la «principessa del popolo», trascinandola da morta - e stavolta non più nel ruolo di vittima - nel disgustoso impasto tra media, affari di palazzo e gossip.

«Nel 1992 Diana passò una rubrica coi numeri della famiglia reale al News of the World», il giornale di Rupert Murdoch chiuso dopo 168 anni di attività, quando si è scoperto che per ottenere i suoi scoop intercettava illegalmente le telefonate di vip e cittadini comuni. L'accusa di aver passato contatti riservati agli «squaletti» al servizio dei Murdoch arriva sotto giuramento, di fronte al tribunale penale Old Bailey di Londra dove è in corso il processo, dall'allora corrispondente della famiglia reale per il tabloid, Clive Goodman, 21 anni di attività nelle redazione del NotW. Sotto accusa per «cospirazione», per aver pagato un pubblico ufficiale in cambio dei numeri top secret dei membri della Casa reale, Goodman riferisce davanti alla giuria che tre delle 15 rubriche trovate nella sua abitazione nell'agosto 2006, durante una perquisizione, non sono frutto della corruzione di un poliziotto. Ma arrivano direttamente da Lady D. A spingere la principessa a passargli informazioni riservate sarebbe stata la voglia di trovare «un alleato» nella stampa nel momento più buio della sua vita. È il 1992 e Diana ha chiuso il suo matrimonio con Carlo dopo undici anni. «Stava vivendo un periodo difficilissimo. Voleva mostrami l'imponenza dello staff del marito. Si sentiva sopraffatta dalla gente attorno a lui». Una mossa disperata, insomma, da parte di una principessa isolata dalla Casa reale. Il modo più facile e anche più spietato per Lady D di vendicarsi del marito, quello stesso Carlo che intanto al telefono parla liberamente con l'amante, oggi sua moglie Camilla, dichiarandole già tre anni prima: «Vorrei essere il tuo tampax» (intercettazione pubblicata -strana coincidenza- nel gennaio 1993 dal tabloid australiano New Idea, di proprietà di Rupert Murdoch).

Goodman racconta che Diana in persona fa arrivare il materiale direttamente sulla sua scrivania, nella redazione del tabloid a Wapping (la principessa aveva buoni contatti con molti giornalisti e parlava segretamente con reporter e fotografi, compreso colui che diventerà poi il suo biografo, Andrew Morton). E se qualcuno avesse ancora dubbi su come andarono le cose, il reporter insiste: «Più tardi, quello stesso giorno, mi arrivò una chiamata dalla principessa del Galles che mi chiedeva se avessi ricevuto la rubrica». Una mossa inequivocabile. Che trasforma Lady D. in una pedina del sistema tabloid, insieme vittima e carnefice dei giornali scandalistici e dei paparazzi che segneranno la sua fine.
La principessa è determinata nel suo ruolo di «spia» di Buckingham Palace. A Goodman fa avere infatti -così racconta il giornalista in aula- altre due agende telefoniche tramite un anziano valletto. Numeri che Goodman, in un beffardo intreccio di destini, userà anche nella tragica notte del 31 agosto 1997, quando Diana muore in un incidente stradale con il compagno Dodi Al-Fayed nel tunnel del Pont de l'Alma a Parigi, inseguita proprio da fotografi assetati di scoop. Quella notte, per Goodman, l'ufficio stampa della Casa reale è «francamente inutile», incapace di passargli informazioni da prima pagina. Perciò il giornalista mette mano all'agenda, quella che gli ha passato Lady Diana. Chiama una fonte vicina alla principessa. «Gli dissi cosa stava succedendo a Parigi e lui si mobilitò. Lo chiamai a casa, all'una di notte di domenica.

Avevo il suo numero».

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