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Sarkozy non vince in tv. E perde al centro

Guerra sui sondaggi dopo il faccia a faccia, ma Hollande si avvicina alla vittoria. E incassa l’appoggio di Bayrou

Sarkozy non vince in tv. E perde al centro

ParigiIl faccia a faccia? Acqua passata. Ieri era tempo di comizi. Gli ultimi raduni prima dello stop alla campagna elettorale. Inutile, infatti, star dietro ai sondaggi post-dibattito: per alcuni istituti è piaciuto più il socialista, per altri Sarkò sarebbe stato più convincente. L’unico dato concreto, quello dell’Ifop sulle intenzioni di voto, certifica che nulla è cambiato: il 53 per cento dei francesi è per François Hollande, il 47 per Sarkò. Meglio, dunque, spiegare i rispettivi progetti dal vivo, più che sventolare cifre.
I numeri si smentiscono a vicenda. Le parole arrivano dritte all’elettorato «basculante» e donano entusiasmo ai sostenitori dei rispettivi schieramenti, dice al Giornale un consigliere di Sarkò. Soltanto Le Figaro, quotidiano con tendenze conservatrici-sarkoziste, ieri citava un altro sondaggio. Post faccia a faccia: 52,5 Hollande contro il 47,5 per Sarkozy. Un recupero apparente del presidente-candidato o una rimonta vera? Ci sono ancora tre giorni per decidere chi è più capace di unire la Francia, spiegava ieri Hollande davanti a una stracolma piazza di Tolosa: «Un candidato normale, per una presidenza normale», la sua versione. Entrambi, Sarkò e Hollande, puntano ad abbassare l’astensione sotto il 19 per cento. Portare più indecisi alle urne. Possibilmente dalla loro parte. Ieri è arrivato l’annuncio di François Bayrou, «voterò Hollande, ma è una mia scelta personale», ha detto il leader centrista, spiegando che la linea di Sarkozy è «violenta». Lasciando il suo elettorato scegliere liberamente, tutto è ancora possibile. Vale circa otto punti. Secondo un sondaggio, il 32 per cento degli elettori Modem seguirà Hollande (+6), il 34 Sarkozy (+2) e il 34 dovrebbe astenersi (-8). Ma il resto? C’è infatti un’altra fetta importante con piena libertà di scelta, la carta bianca che Marine Le Pen ha ceduto ai votanti del suo Front National.
Sui voti di Bayrou ieri ironizzava un comico di Rtl. Ospite era Sarkò, diventato serissimo in volto quando le ironie dello studio toccavano l’elettorato centrista. Imitando Bayrou, il comico diceva: «Ho invitato tutti i miei sostenitori per annunciare la mia decisione: eravamo nella mia cucina». Sarkò non ha riso, prendendo le distanze in segno di rispetto per i Modem. La campagna non è finita. E i nuovi elettori contano, anche quelli che altri sbertucciano e che i due leader inseguono invece come il gatto e la volpe: quelli che al primo turno hanno votato per i candidati minori e quelli che si possono ancora scippare all’avversario. Sarkozy ha già sottratto alcuni elettori di Jean-Luc Mélenchon, leader del Front de gauche, che pur di non votare il socialista sono pronti a scegliere «la vergogna» della Francia, come il settimanale Marianne, marcatamente di sinistra, definiva nelle edicole Sarkozy. Anche a causa dei finanziamenti ricevuti da Gheddafi nel 2007, confermati ieri dall’ex premier libico.
Perfino i giovani sentono la fatica di una campagna per l’Eliseo mai così estenuante. Ecco perché ieri, Sarkò, anziché ripetere un ritornello logoro fatto di annunci e trovate pubblicitarie, come la Festa del lavoro «vero» con cui il 1° maggio ha riunito ai piedi della Tour Eiffel duecentomila persone, ha parlato di prima elezione presidenziale del XXI° secolo. Non un voto come gli altri, quello di domenica. Ma «un appuntamento con la storia». Il presidente-candidato ha poi dedicato la Marsigliese all’amatissima Bernadette Chirac, ex première dame mai dimenticata dai francesi. Sarkozy la onora più della bella Carlà. Volto che divide, mentre Bernadette unisce. Parola chiave di questa fine campagna 2012.
«La Repubblica è forse il nostro bene più prezioso - ha concluso ieri il suo comizio a Tolone, Sarkozy - La Francia del lavoro, quando è scontenta, non scende in strada a spaccare tutto, perché è con le sue tasse che lo si è costruito».

Hollande, invece, parlando a Tolosa, reclama le «responsabilità» che la storia sta consegnando gradualmente al Ps: la vittoria alle scorse amministrative, la maggioranza in Senato, «ma non ancora la presidenza della Repubblica», ha gridato dal palco. Una marcia indietro scaramantica? No. Ha solo sostituito l’ottimismo con cui ha chiuso il faccia a faccia con un «vedo la vittoria: è là». Visto che quel «Moi président...» è già tormentone.

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