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Siria, abbattuta la statua del padre di Assad

A Raqa, nel nord del Paese, i ribelli hanno tirato giù una statua gigante del padre dell’attuale dittatore, Hafez al-Assad, rimasto al potere per 30 anni

Siria, abbattuta la statua del padre di Assad

Tutto è partito nel marzo 2011 con delle proteste di piazza, sull'onda della Primavera araba, alle quali il governo di Damasco rispose con una durissima oppressione. La guerra civile in Siria va avanti da un anno e secondo una stima delle Nazioni Unite è già costata la vita ad oltre sessantamila persone. Da allora si susseguono violenze da ambo le parti. Perché, infatti, non solo solo le forze governative a usare i civili come scudi umani e utilizzare la tecnica della "terra bruciata". Anche i ribelli antigovernativi non sono da meno, accusati di torture, sequestri ed esecuzioni sommarie dei soldati.

Intanto sul fronte militare si deve registrare un episodio dalla fortissima valenza simbolica. Si tratta della presa di Raqa, nel nord della Siria: qualcuno l'ha definita la maggiore vittoria militare dei ribelli dallo scoppio della rivolta contro il regime di Bashar al-Assad. Per festeggiare la loro operazione i ribelli hanno abbattuto una statua gigante del padre dell’attuale dittatore, Hafez al-Assad, che prima di lui ha guidato il Paese per 30 anni. Alcuni video amatoriali hanno immortalato la scena: si vede una folla di persone che tira giù con una corda l’enorme statua dorata, ubicata nella piazza principale di Raqa. Le immagini fanno subito venire in mente l’abbattimento della statua di Saddam Hussein nel 2003 a Baghdad.

A simboleggiare il massimo disprezzo umano i manifestanti si sono avventati sulla testa della statua colpendola con le scarpe (per i musulmani è un'offesa gravissima). Dai filmati si vede anche un uomo che la colpisce con un'ascia. Si sente una voce (probabilmente della persona che ha girato il video) che grida: "Bashar vieni a vedere cos’è successo alla statua di tuo padre".

Le forze governative hanno tentato di tutto per mantenere il controllo di Raqa, con un pesante bombordamento da parte dell'aviazione. Nonostante ciò ieri la città è caduta lo stesso nelle mani dei ribelli, che hanno anche catturato il governatore provinciale. I combattimenti però non si sono fermati: nel corso della notte l’esercito e le milizie del regime hanno continuato a sparare vicino alla sede del quartier generale dell’intelligence militare, e "nuovi rinforzi dell’esercito sono dirette" verso la città, secondo quanto riferito dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, con base a Londra.

Intanto il presidente siriano Assad continua a ostentare sicurezza e si dice certo che "la Siria uscirà vittoriosa della battaglia" contro i ribelli che vogliono rovesciare il suo regime e che l’opposizione stia "giocando le sue ultime carte". "La cospirazione contro la Siria è vicina alla fine", avrebbe detto Assad ad alcuni politici arabi non meglio identificati, citati oggi dal quotidiano libanese Al Akhbar. "Sono stati ottenuti successi significativi, la cui importanza strategica è chiara anche a quanti nella regione e nel resto del mondo stanno definendo piani inutili contro la sicurezza delle Siria", ha aggiunto il presidente, ricevendo i politici a Damasco. Assad avrebbe quindi sottolineato come "le contraddizioni esistenti in seno all’opposizione siano la prova del suo fallimento".

E l'Iran, fedele alleato di Damasco, promette fuoco e fiamme. In una lettera al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, il ministro degli esteri iraniano Ali Akbar Salehi condanna i recenti attentati in Siria avvertendo che un prolungamento della crisi siriana porterà a un’estensione dei disordini all’intera regione. Lo riferisce oggi il sito dell’emittente iraniana Press Tv.

L’Iran è nume tutelare della Siria e chiede una soluzione della crisi siriana attraverso un processo politico-diplomatico che preveda elezioni e una permanenza al potere di Assad fino al 2014.

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