Crisi siriana

"Siria, domani l'attacco", l'Italia non ci sta

La coalizione a guida Usa in moto. Bonino: "Non partecipiamo senza Onu". Vertice a Roma Kerry-Netanyahu

"Siria, domani l'attacco", l'Italia non ci sta

Tel Aviv - Il sindaco di Haifa ha ordinato di aggiornare le procedure d'emergenza della città. Il porto sulla costa nord d'Israele nell'estate del 2006, durante la guerra contro le milizie sciite di Hezbollah, è stato obiettivo del lancio di razzi dal vicino Libano. In queste ore, gli abitanti del Nord d'Israele stanno aprendo e preparando i rifugi anti-bomba, racconta una residente della Galilea. Dalle cancellerie occidentali arrivano infatti segnali sempre più concreti sull'imminenza di raid americani contro obiettivi del regime siriano, dopo i presunti attacchi chimici dei giorni scorsi. La popolazione israeliana teme ripercussioni in arrivo dai due confini settentrionali. «Israele risponderà con la forza» se attaccato, ha detto ieri il premier Benjamin Netanyahu, che avrebbe già fissato un vertice in cui dovrebbe incontrare il segretario di Stato americano John Kerry a Roma in questi giorni di crisi. Per la prima volta, durante il week-end, il ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon ha confermato l'uso di armi chimiche in Siria. I dettagli, scrive la rivista tedesca Focus citando fonti dei servizi segreti israeliani, sarebbero arrivati da comunicazioni dei militari siriani intercettate dall'esercito israeliano. Anche gli ispettori delle Nazioni Unite tentano di raccogliere prove in queste ore a Damasco, sui luoghi dei presunti attacchi. La loro inchiesta è stata però interrotta ieri per motivi di sicurezza, per riprendere oggi. Il loro lavoro arriva tardi, quando la diplomazia internazionale sembra aver già scelto una direzione.

Gli Stati Uniti, attraverso il segretario di Stato John Kerry, hanno dichiarato lunedì di avere le prove concrete dell'utilizzo di armi chimiche. Si definiscono così i contorni di una coalizione internazionale più o meno favorevole a un'azione militare che potrebbe partire prima di venerdì - secondo fonti di stampa americana - anche senza un mandato delle Nazioni Unite. Per l'Italia, questo rappresenta un problema e, nonostante la forte condanna contro gli attacchi chimici, il ministro degli Esteri Emma Bonino ha detto che il Paese non interverrà senza un consenso dell'Onu. Il premier Enrico Letta ha parlato ieri con il collega britannico David Cameron. Londra e Parigi hanno fatto capire in queste ore che gli Stati Uniti hanno il loro appoggio. Anche se secondo la stampa americana il presidente Barack Obama non avrebbe ancora preso una decisione, il suo segretario alla Difesa Chuck Hagel ha spiegato che le forze americane sono pronte.

In Medio Oriente, indizi di sostegno a una possibile coalizione arrivano dalla Turchia e dall'Arabia saudita. Ad opporsi a un attacco rimane la Russia, che mette in guardia sulle pericolose conseguenze che raid potrebbero avere sulla regione.

La Siria ha risposto alla costruzione dell'attacco con una sfida: il ministro degli Esteri Walid Moallem ha detto che Damasco reagirà con tutti i mezzi a sua disposizione.

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