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Solo Bergoglio si ricorda della Siriail commento 2

di Fiamma Nirenstein

Il Giordano, fiume povero d'acqua, tuttavia fluisce potente nella mente dell'umanità intera, fonte battesimale di Gesù e dei suoi seguaci, polla vitale per tutta l'area, confine fra stati, immemore linea blu di pace e di guerra nel rosso del deserto. Uno Stato ne deriva il suo nome, e Francesco, che da là ha cominciato la sua visita, lo ha onorato osando, con tutto il suo peso, affrontare un tema ormai diventato tabù, che Obama e Putin nemmeno più sussurrano, che l'Europa ormai non nomina se non in occasioni di circostanza. Il Papa ha detto il nome proibito, «Siria», grande scandalo morale del mondo contemporaneo, dove noi nazioni civilizzate lasciamo che si compia una mattanza quotidiana. No, il Papa non ha divisioni ma ha la parola. E magari i suoi colleghi nel passato l'avessero sempre usata, quando si ammazzavano decine, centinania di migliaia, milioni di persone nelle loro vicinanze.
Il Papa ha lodato la Giordania perché accoglie i profughi cristiani siriani. Vi ha aggiunto anche quelli iracheni e palestinesi: quando dici «profugo» e sei il Papa ricorri agli stilemi classici: tutti però sanno che si parla di ere (1948 e '67, guerre fatali per Israele) e di motivazioni diverse (Saddam, Al Qaida, violenza sciita): ma in Siria tutto è davanti ai nostri occhi, 160mila uccisi, 4 milioni di profughi che cercano rifugio fuori dai confini, mentre la povera Giordania ne fa in parte le spese.
Una marea fugge perché ha alle spalle crocifissioni, uso impunito di armi chimiche, un odio ideologico che porta il nome maledetto di Al Qaida e la beffarda maschera di Assad, che non è nemico dei cristiani, ma certo lo è del genere umano per quello che ha fatto alla sua gente.
Le disfatte della diplomazia mondiale si spiaggeranno sulle incredibili elezioni che rieleggeranno Assad raìs della Siria il 3 di giugno, dopo il fallimento a gennaio del summit mondiale cui hanno partecipato 39 stati, logica conseguenza del «gran rifiuto di Obama» che, a San Pietroburgo a settembre, di fronte a un accordo con Putin che somigliava a un ricatto, ha accettato di dimenticarsi la sua «linea rossa» fatta di gas nervino.
Così, di attacchi col gas, adesso chlorin, ne abbiamo dovuto vedere ancora fino a questo maggio. La Ohchr, la commissione per i diritti umani dell'Onu ha annunciato che cessa di contare i morti per mancanza di informazioni, i camion con i soccorsi, unico risultato del summit di Ginevra, sono spesso rimasti fuori delle città assediate.
C'è di che disperarsi, di che immaginare che niente può l'uomo di fronte al male. Forse il Papa ha pensato che quelle crocifissioni non doveva, non poteva accettarle, che troppo gli ricordavano quelle narrate da Flavio Giuseppe di cui era rimasto vittima, poco prima, anche Gesù. E ha parlato.

Questo è un buon punto a favore del viaggio: per il resto, la diplomazia e gli speech writers, vogliono la loro parte.

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