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Il sonno dei bambini portato via dal meteorite

Gli asteroidi caduti sugli Urali hanno scatenato terrori infantili che sembravano scomparsi. E fatto esplodere nuove fragilità negli adulti

Il sonno dei bambini portato via dal meteorite

La paura dello spazio sembrava scomparsa per sempre dal guardaroba delle nostre fobie collettive, come un capo passato definitivamente di moda. Asteroidi, meteoriti e comete andavano bene al massimo per qualche sceneggiatore di Hollywood in deficit di apocalissi. Invece è bastato un attimo per far rivivere quelle antiche paure. Forse non un attimo, ma quei pochi minuti in cui il cielo degli Urali si è trasformato in un campo di battaglia cosmico, nel palcoscenico dell'Armageddon. Le immagini riprese il giorno in cui lo Spazio ha attaccato di nuovo la Terra erano tanto incredibili da sembrare un mockumentary, uno di quei falsi documentari che imperversano su YouTube. Invece quelle scene apocalittiche erano vere: il cielo percorso da bolidi in fiamme, le lunghe scie di fumo, il panico, le vetrate che esplodono come bombe. I bambini di una scuola che si coprono le orecchie con le mani, assordati. Ho rivisto le scene iniziali di Metro Last Light, il nuovo videogioco tratto dai romanzi del mio amico Dmitry Glukhovsky: quelle scene in cui i missili nucleari piovono urlando su Mosca e i pochi sopravvissuti si rifugiano sotto terra.
Immagino che molti altri come me, quelli più in là con gli anni, abbiano rivissuto, vedendo quel meteorite abbattersi sulla Russia, gli incubi della loro infanzia: il terrore dell'olocausto nucleare e delle invasioni aliene, che il cinema aveva trasmutato in tanti incubi fantascientifici: La guerra dei mondi, L'invasione degli Ultracorpi, La Cosa da un altro mondo, fino a quello che mi aveva terrorizzato più di tutti, Il villaggio dei dannati. Ve lo ricordate? Dopo la caduta di un meteorite, in un pacifico villaggio inglese nasceva una generazione di bambini inquietanti, dai capelli chiarissimi e con lo sguardo glaciale: bambini dotati di strani poteri. Alieni, figli dell'invasione.
Non hanno poteri magici, i bambini di Cheljabinsk. Hanno paura. Non dormono più. A difenderci dalle nostre paure, quando eravamo cuccioli, c'erano una società in pieno boom economico, una frontiera presidiata da carri armati e aerei supersonici e satelliti orbitali, e se tutto questo non bastava c'erano i supereroi della Marvel e della DC Comics: Superman, Lanterna Verde, Thor. Tizi capaci di deviare un meteorite con un pugno, di ridurre Godzilla a spezzatino, di rispedire gli alieni su Marte a suon di ceffoni.
I bambini di Cheljabinsk non hanno niente di tutto questo. D'ora in avanti lo spazio sarà per loro un luogo di terrore. Oltre l'azzurro del cielo percepiranno l'abisso nero in cui la fisica stellare genera mostri capaci di uccidere, di sconvolgere in un attimo le certezze e le regole stesse della vita. Hanno paura. Tanta paura da avere ucciso il sonno.
Ma gli anormali non sono loro. Siamo noi adulti, che abbiamo rimosso quasi subito il terrore di quelle immagini, che non le riviviamo, come sarebbe normale, nei nostri incubi notturni, siamo noi gli anormali. I bambini, nella loro innocenza, hanno capito che il nostro mondo è stato sconvolto per sempre, in quel giorno di febbraio. Che quello che hanno visto accadere, un evento ritenuto assolutamente improbabile, ha cambiato le regole del mondo. E che non c'è nulla, assolutamente nulla, in grado di fermare una cosa del genere. Nessun eroe, nessun aereo, nessun governo. Niente. Una minaccia di fronte alla quale siamo completamente inermi ci mancava da tanto di quel tempo che non siamo nemmeno più capaci di gestirla dentro di noi. Così ci limitiamo a rimuoverla. I bambini no. I bambini sanno che il silenzio dei loro genitori e l'apparente amnesia dei media nasconde qualcosa di enorme. É un vuoto capace di generare incubi. O di togliere il sonno.
Pochi giorni fa, guardando l'elicottero bianco che trasportava il Papa via dal Vaticano, ho provato un senso di perdita assoluto. Il mondo mi è sembrato di colpo più vuoto. Era la stessa sensazione provata tanti anni fa leggendo l'album di fumetti in cui Superman moriva. Niente più eroi. Quando anche l'uomo che parla con Dio ci abbandona, chi resta per difenderci? Le scie bianche del meteorite sugli Urali sembravano quelle dello shuttle Columbia che precipitava in fiamme sul Texas, esattamente dieci anni fa. Nel film del 1998 Armageddon, Bruce Willis e la sua squadra salvavano la Terra da un asteroide usando due Space Shuttle. Ma quegli aerei spaziali non esistono più. L'ultimo è finito in un museo.
Avrei voluto che quell'elicottero bianco cambiasse direzione. Che ritornasse indietro.
Che il Papa fosse andato in cabina per dire al pilota: «Ci ho ripensato. Mi porti a Cheljabinsk. C'è un bambino che non riesce più a dormire. Ha paura. Dobbiamo aiutarlo».
«Ma cosa può fare per lui, Santità?»
«Qualcosa. Parlargli. Tenerlo per mano. Qualsiasi cosa è meglio di nulla».
Ma l'elicottero non è andato in Russia. E l'unica speranza che mi è rimasta nasce da una delle immagini più forti prodotte da quel giorno: le finestre di una palestra di arti marziali che vanno in frantumi, al passaggio del meteorite. Tutti i bambini e i ragazzi scappano via tranne uno, che rimane fermo a guardare. Quel ragazzino che fissa in faccia il mostro cosmico è un'immagine terribile, ma anche una nota di speranza. Riconoscere il Male è il primo passo per affrontarlo. Incidenti del genere possono succedere ancora. Qualsiasi calcolo di probabilità è ormai fuori gioco, ora che l'impensabile è accaduto. Dobbiamo, semplicemente, prepararci a combatterlo. Un giorno qualcuno inventerà un modo per tenere lontane dalle nostre vite quelle minacce terribili. Mi piace pensare che possa essere quel ragazzo. Mi piace pensarlo perché un altro Papa, tanto tempo fa, disse una cosa che mi ha accompagnato per tutta la vita, e che l'uomo sull'elicottero bianco non deve aver fatto sua.


«Non abbiate paura».

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