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La tragedia di Kandahar fa tremare Obama: in gioco la sua credibilità

Il presidente si scusa con Karzai e promette giustizia. Ma a Washington l’opposizione ha già aperto il fuoco. Dalla pipì al rogo del Corano, la missione finisce del male

La tragedia di Kandahar  fa tremare Obama:  in gioco la sua credibilità

New York - «Questo incidente è tragico e scioccante e non rappresenta l’eccezionale carattere del nostro esercito e del rispetto che gli Usa hanno nei confronti del popolo afghano». È il commento imbarazzato che il presidente Obama, poche ore dopo la strage di innocenti in Afghanistan, ha diffuso alle agenzie di stampa e ai grandi network che da più di 24 ore mandano in onda commenti di analisti politici e immagini di una Kabul pronta a riesplodere. Seguito poco dopo dalla telefonata al capo di Stato afghano Hamid Karzai per «esprimere il suo shock e la sua tristezza» per il massacro e promettere che «sarà fatta piena luce sui fatti e, nel più breve tempo possibile, saranno assicurati alla giustizia i responsabili».

«Non è soltanto in gioco la credibilità e l’immagine internazionale degli Usa nel mondo, ma la stessa rielezione di Obama che con una strage di civili del genere può essere messa a rischio dall’opposizione repubblicana», ha spiegato ieri a caldo uno dei più famosi giornalisti di Foxnews, Chris Wallace. La partita è soprattutto interna. Mentre il senatore John McCain, uno dei leader del partito repubblicano, sconfitto 4 anni fa da Obama nelle elezioni presidenziali, si è limitato a dire che «incidenti gravissimi e orribili del genere possono purtroppo accadere in guerra, anche se non dovrebbero mai succedere», Newt Gingrich, uno dei candidati alla nomination repubblicana, senza mai menzionare il presidente Obama, ha subito attaccato ieri a più riprese la Casa Bianca nei suoi comizi elettorali in Mississipi e Louisiana, dove domani si svolgeranno le primarie.

«Bisogna subito ritirarci dall’Afghanistan - ha detto il candidato - la politica estera di questa amministrazione democratica è debole, insicura, piena di dietro-front e di continui tentennamenti. Una politica che mette a rischio i nostri soldati e le popolazioni civili».
Intanto il «control damage» della Casa Bianca è subito partito appena sono arrivate le prime notizie dei 16 civili ammazzati: «Siamo molto addolorati e stiamo controllando la situazione da vicino», va ripetendo da una televisione all’altra Caitlin Hayden, portavoce del Consiglio Nazionale di sicurezza della Casa Bianca.

«Il presidente Obama e il segretario alla Difesa Leon Panetta sono stati subito informati del gravissimo incidente, sono profondamente addolorati e porgono le più sentite scuse e condoglianze per l’accaduto a tutto il popolo afghano». Ha ripetuto con un volto affranto e una voce davvero fioca la portavoce Hayden agli schermi della Cnn e di Foxnews, sperando di calmare le acque nel distretto di Kandahar, dove è avvenuta la strage e dove si susseguono le notizie di disordini e proteste inscenate dalla popolazione locale.

«Le nostre truppe si trovano in una situazione di enorme pressione; tuttavia nessuno può minimizzare l’accaduto che rimane di una gravità estrema», ha ripetuto all’infinito la portavoce Hayden, che ha trascorso un terribile week-end alla Casa Bianca.
Il leader dei senatori democratici, Harry Reid, è subito dovuto intervenire ieri sera per difendere il presidente Obama e per parare gli eventuali colpi repubblicani. «Questa tragedia conferma che gli Stati Uniti e l’attuale amministrazione erano e sono sulla buona strada, quando hanno deciso di lasciare l’Afghanistan prima possibile». Il senatore Reid, uno dei più stretti consiglieri di Obama, senza far polemiche e senza citare l’ex presidente Bush, ha voluto in pratica ricordare che la scelta di andare in Afghanistan non è certo di questa amministrazione democratica, ma di quella precedente che si è impegnata in pochi anni in due guerre difficili e sanguinose. E il senatore Reid era uno dei leader democratici che ha combattuto politicamente in Senato entrambe le due guerre volute da W. Bush.

Anche al generale americano John Allen, che dirige l’Isaf e ha il comando dell truppe Usa in Afghanistan, è toccato scusarsi con il presidente Karzai, con una lunga telefonata nella quale ha assicurato «una punizione esemplare e rapida per il colpevole o i colpevoli». Servirà per calmare il popolo afghano?

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