Dopo Falcone, Borsellino A guerra risponda la guerra

Domenica pomeriggio, 31 gradi all'ombra a Milano, poche notizie e pochi giornalisti in redazione, il tempo sembra addormentato nel vuoto della calura. Si pensa ai connazionali felicemente al sole sulle spiagge. Alle 17.30 telefona Elda Pucci da Palermo, ha la voce della coreuta della tragedia greca. Descrive con lamenti che frenano male le lacrime, l'alta colonna di fumo che vede levarsi a qualche centinaio di metri da casa. Parla di Borsellino «forse ferito», di cittadini e agenti «certamente morti», di ambulanze che ululano e di elicotteri che volteggiano. Piange come Elettra, come Antigone, come le lontane donne dolenti della sua Magna Grecia. Morti su morti, come nelle antiche tragedie che raccontano storie di un Potere, lacerato dalla logica della sua immoralità e che finiva in sangue. Ma allora ricorda la coreuta di Palermo, a piangere eravamo noi del coro, il popolo testimone. Oggi il coro pretendono di farlo i politici screditati, i colpevoli del dramma. Che almeno stavolta restino a casa, ci risparmino omelie e presenza.

Se non sanno darci la pace, non s'intromettano in lutti di cui sono responsabili, ma non degni.
Federico Orlando - 20 luglio 1992

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