Stile

Falzari, la Toscana biodinamica

C i sono produttori di vino che seguono davvero una strada tutta loro, che intercettano difficilmente mode, costumi e consumi. In una di queste ci siamo imbattuti quasi per caso, qualche tempo fa. Si tratta dell'azienda Falzari che ha sede a Vinci, località alle porte di Firenze che peraltro nel cinquecentennale della morte del suo figlio più celebre è in questo momento da prima pagina. Qui alle pendici del Montalbano l'azienda agricola «Il Giardino» possiede 15 ettari in collina, su terreni calcareo-argillosi caratterizzati dal nicchio, una conchiglia fossile bianca, nei quali produce dai primi anni Cinquanta vino e olio. L'azienda ha circa quattro ettari di vigna, esposta a sud-sud ovest: poco meno di tre ettari sono di un impianto recente (2003) con vitigni di Sangiovese, Merlot e Cabernet Sauvignon; i restanti sono di un impianto del 1972, con vitigni in prevalenza di Trebbiano. Le vigne - cosa non secondaria - sono tenute a regime biodinamico.

Quattro le etichette prodotte, noi ne abbiamo assaggiate due. Il Tinnari è un bianco Igt da uve Trebbiano toscano in purezza, una scelta che la stessa azienda definisce «coraggiosa» essendo questa una tipologia più nota per la resistenza che per la personalità e quindi generalmente usato da «taglio». Questo vino però mostra che si possono ottenere risultati interessanti, anche se certo non facili. Un vino che esibisce al naso tipiche note di glicine, che si assommano alla frutta fresca e agli idrocarburi che fanno tanto Riesling e che in bocca si propone sapido e minerale.

L'altro vino è il rosso Selengaia, un Chianti docg da uve Sangiovese (80 per cento) con un po' di Cabernet Sauvignon e Merlot che non fa alcun tipo di legno e (anche) per questo è balsamico e mentolato all'annusata e ribaldo in bocca.

Un contadino vestito a festa.

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