Festival, la città è tutta un film Davanti agli schermi in 90mila

Spettacoli dal Piccolo all’Arena, dal Sempione al Gratosoglio

Igor Principe

«Questo non è un festival», afferma con decisione il titolo di quest'anno. E c'è da credergli. Perché ad intendere la parola nell'accezione tradizionale - quella di concorso, come lo è per Venezia - l'undicesima edizione del Milano Film Festival dimostra di essere molto di più. Alla gara e alle otto sezioni «fuori concorso», infatti, si uniscono sette eventi paralleli e una struttura, la Casa dei Registi, che nei giorni della rassegna farà da albergo e da luogo di incontro per professionisti e appassionati di cinema.
Da domani al 24 settembre, Milano si trasformerà in una capitale del grande schermo, distinguendosi però nettamente dalle due storiche città a vocazione cinematografica, Venezia e Roma. Nella rassegna lagunare, nei meandri di Cinecittà e nella festa capitolina che debutterà ad ottobre, fortemente voluta dal sindaco Veltroni, si respira un'aria tradizionale; a Milano, invece, soffia forte il vento delle cosiddette «produzioni indipendenti» e, soprattutto, del cortometraggio. Il concorso ne vede iscritti 51, di cui solo tre targati Italia. Due - Manila e Come a Cassano - parlano del desiderio di emersione da una difficile quotidianità; l'altro, Quartiere Isola, racconta invece come è cambiato nel tempo uno dei quartieri milanesi storici.
Il resto sono squarci di mondo che piovono al Piccolo Teatro, all'Arena Civica, al Parco Sempione e alle Torri Bianche di Gratosoglio, luoghi in cui si svolge un festival che cresce e reclama maggiori spazi (fino all'anno scorso Arena e Parco Sempione non erano contemplati). E le storie che vi si raccontano sono quantomai varie. Ci sono corti di animazione, cronache di rapporti familiari, l'amore che lega una coppia di persona anziane, temporali catturati nel momento della loro maggior energia. Un caleidoscopio di situazione e sentimenti che si riflette anche nella programmazione dei sei lungometraggi in competizione. Si parla, qui, delle derive sociali nella Cina ruggente di oggi; di un adolescente rumeno innamorato di una prostituta; di una surreale liason tra un alcolista e una psicolabile; del dolore di una famiglia irachena per il figlio morto sotto le bombe; di piccole meschinità in una sperduta provincia nordeuropea.
Tra gli eventi collaterali, un rilievo particolare è espresso dalle Histoire(s) du cinéma, un'opera video in quattro episodi firmata da Jean Luc Godard, apparsa tra il 1998 e il 1996, che per la prima volta viene proiettata a Milano. Particolarmente incisiva, inoltre, è Colpe di Stato, mini rassegna di opere di giovani registi dediti a raccontare abusi e soprusi del potere sui cittadini.
Nel programma sono inclusi anche momenti musicali e incontri con gli autori (tutte le informazioni sul sito www.milanofilmfestival.it), ed è facile ipotizzare un flusso di pubblico ancora maggiore di quello della passata edizione, frequentata da 85mila persone.

Passi in avanti, e nemmeno tanto piccoli, con cui, grazie al festival, Milano si connota sempre più come capitale italiana dei cortometraggi e delle opere indipendenti.

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