Roma - Pur sapendo bene che i margini di dialettica interni alla maggioranza sul fronte manovra sono ridotti al minimo dallo stato dei conti pubblici, Berlusconi è intenzionato ad andare avanti sulla strada della collegialità. Per questo giovedì ha riunito un folto gruppo di ministri e insieme a Gianni Letta e al titolare dell’Economia si è iniziata a dare una prima occhiata ai diversi interventi in programma. Perché, spiega il premier, «tutti devono essere informati in anticipo e avere la possibilità di dire la loro». Collegialità, dunque. Al punto che l’idea del Cavaliere è quella di far approvare la manovra o dalla consulta economica del Pdl o addirittura dall’ufficio di presidenza. Per dare un segnale forte e facendo in modo che sia il partito a intestarsi eventuali modifiche al testo (per esempio sulle pensioni o sul taglio degli stipendi ai manager pubblici). Un passaggio, quindi, che potrebbe non essere solo formale e che colpirebbe nel segno sia sul fronte Fini sia su quello Tremonti. Con il primo che continua a lamentare la mancanza di democrazia interna al partito e l’eccesso di cesarismo e il secondo che da tempo è accusato di giocare troppo in solitario rispetto agli altri ministri.
Passaggio nel partito a parte - più probabile che tocchi alla consulta economica piuttosto che all’ufficio di presidenza - Berlusconi sta cercando di tenere aperta anche una linea con Fini, così da coinvolgere anche il presidente della Camera. Giovedì era stato Tremonti a chiamarlo personalmente per illustrargli alcune delle misure più importanti, ma l’ex leader di An non aveva affatto gradito una modalità considerata «piuttosto sbrigativa». «Si è limitato a ripetermi quello che avevo già letto sui giornali», ha detto ieri in privato. Così, già oggi potrebbe essere proprio Gianni Letta ad andarlo a trovare a Montecitorio per cercare di fare chiarezza.
I tempi, infatti, restano stretti, un po’ perché domenica Giorgio Napolitano partirà per gli Stati Uniti e un altro passaggio al Quirinale è dovuto, un po’ perché Tremonti vorrebbe portare a casa il via libera definitivo nel Consiglio dei ministri di martedì. Anche se in realtà per arrivare a quella «sintesi politica» che vorrebbe il Cavaliere è probabile che si slitti a giovedì o anche venerdì. D’altra parte, ancora ieri sera - in un vertice a Palazzo Grazioli con Berlusconi, Tremonti e Letta - si ragionava su alcuni aspetti come il ripristino della tracciabilità dei pagamenti (misura che rientra nell’ambito della lotta contro l’evasione), la possibilità di abbassare da 100 ad 80mila il tetto delle buste paga dei dirigenti pubblici su cui effettuare il taglio del 10% e l’eventuale riduzione a un’unica finestra sia per le pensioni di anzianità che per quelle di vecchiaia.
Manovra correttiva a parte, continuano poi le incomprensioni tra Fini e Berlusconi. Con il primo che da Firenze lancia un avvertimento sul federalismo chiedendo di non avere fretta per non mettere in gioco la «coesione» sociale. E il secondo che gli risponde a distanza, intervistato da Bruno Vespa per il suo ultimo libro, dicendo basta a chi fa solo il «controcanto».
«Non si può ricoprire una carica istituzionale super partes - dice il Cavaliere - e fare nello stesso tempo il controcanto al governo, alla maggioranza che ti ha eletto e al movimento di cui sei espressione». Che ripercussioni ci saranno per governo e maggioranza a seguito del contrasto interno con Fini e i finiani? Il premier non ha dubbi: «Zero».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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