Il fotografo immortala la vita dietro le sbarre

Dalla Casa di Reclusione di Saluzzo al Teatro della Tosse a Genova. Per calcare la scena per un unico, breve ma struggente atto.
«La Soglia» è il frutto di un laboratorio teatrale, condotto all'interno del Carcere di Saluzzo per volontà della Direttrice, Marta Costantino. Ed è il titolo di un intenso lavoro fotografico (Galleria Joyce&co., Vico del Fieno 13r., fino al 3 giugno) firmato dal torinese Paolo Ranzani, ammesso all'interno della struttura per seguire la nascita di uno spettacolo ove il confine tra realtà e finzione volutamente si sgretola.
Nessuna scenografia «ad effetto» ma semplici quinte, a catapultare nell'unico spazio a cielo aperto del carcere: il cortile dell'ora d'aria. Nessun attore o pièce di richiamo e, nelle immagini di Ranzani, nessuna posa o artificio. Protagonisti di entrambe le opere -teatrale e fotografica - sono i detenuti che hanno affrontato (guidati da Grazia Isoardi) un percorso di riflessione sulla costrizione fisica e mentale. Un cammino insidioso - svelato nei toni tenui delle immagini - volto a far emergere il peso del passato e di un quotidiano che scorre indifferente.
Oltre la soglia, il sole e l'ignoto. All'interno del carcere, un teso equilibrio scandito da regole, orari e movimenti razionalizzati, per garantire la necessaria funzionalità della struttura. Ogni azione - sonno, veglia, nutrizione, ora d'aria e visite - è monitorata e omologata: la coercizione fisica del singolo s'innesta in una comunità con pesi e misure alieni al mondo che continua «fuori».
Ranzani scruta - senza condannare né compiangere - gli umori di quest'universo autoreferenziale. Annota sguardi, tensioni e accadimenti interstiziali: le ore nel cortile, le parole sussurrate, la strenua difesa di preziosi attimi d'intimità, difficili da preservare in una vita sempre in comune. Poi, in un vortice nitido e parco, segue l'incrinarsi di questo fragile equilibrio sotto il peso di un evento eccezionale. Il laboratorio teatrale obbliga i detenuti ad uscire dall'anonimato e a concentrarsi sul proprio sentire: ad andare in scena è la vita nel carcere, la loro.


Diffidenza, curiosità, rabbia e, soprattutto, timore per ciò che riserverà l'oltrepassare, un giorno, la soglia che separa dal resto del mondo, si susseguono negli scatti di Ranzani, che percorrono le tappe di una dolorosa catarsi.
Fotografie che esulano dal documentarismo, per diventare materia di riflessione sull'uomo e su quella libertà che anche oltre la soglia non è per nulla un appannaggio scontato.

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