Per Galan niente garantismo: la Camera lo vuole in manette

Per Galan niente garantismo: la Camera lo vuole in manette

P er il Pd il garantismo è come l'auto quando fa smog: circola a giorni alterni. Va in giro spensierato di mercoledì, se c'è da commentare le dimissioni del democratico Vasco Errani dalla presidenza dell'Emilia-Romagna dopo la condanna a un anno in appello. Torna in garage di giovedì, quando il Pd dà il via libera in giunta per le autorizzazioni all'arresto dell'esponente di Fi Giancarlo Galan per il caso Mose.
Due pesi, due misure, due manette. Quelle che si stringeranno probabilmente attorno ai polsi di Galan martedì prossimo, 15 luglio. Quando l'aula di Montecitorio sarà chiamata a decidere sulla sua sorte. Ma il destino dell'ex ministro dei Beni Culturali sembra segnato, dopo il voto di ieri della Giunta per le autorizzazioni: 16 deputati (di Pd, M5S, Sel, Sc e Lega) votano a favore del suo arresto, 3 (Forza Italia, Ncd e Psi) votano contro, mentre si astiene il presidente Ignazio La Russa. Così Galan, che si professa innocente («Resto fiducioso che i colleghi d'Aula abbiano letto la documentazione che ho prodotto e votino secondo coscienza, personale») si prepara a diventare il settimo deputato passato dallo scranno alla galera (o quanto meno alla fuga all'estero, come nei primi tre casi) dopo Francesco Moranino (Pci, 1955), Sandro Saccucci (Msi, 1976), Toni Negri (Radicali, 1983), Massimo Abbatangelo (Msi, 1984), Alfonso Papa (Pdl, 2011) e Francantonio Genovese (Pd, 2013).
Che tirasse una brutta aria per Galan si era capito già in mattinata, quando il relatore del caso in Giunta, Mariano Rabino (Sc), aveva annunciato il sì all'arresto in un documento di dieci pagine che individua nella «coerenza logica tra fatti, riscontri e qualificazione giuridica delle condotte» dello «sviluppo investigativo e procedimentale» la totale assenza di «fumus persecutionis».
Né a smuovere i garantisti a corrente alternata valgono le nuove norme introdotte con il decreto carceri del 28 giugno, che prevedono la concessione dei domiciliari per reati con pene inferiori ai tre anni e alle quali lo stesso Galan si era appellato. Secondo Rabino, infatti, la giunta per le autorizzazioni ha «esclusivamente il compito di verificare se nella richiesta dell'autorità giudiziaria siano ravvisabili elementi sintomatici di un qualche intento persecutorio». Che non si potrebbero ravvisare «in un provvedimento giudiziario per il fatto, del tutto opinabile, che esso in ipotesi non sia conforme a una disposizione che non esisteva al momento della sua emanazione».
La parola dunque passa ora all'Aula della Camera. E subito si fa strada l'ipotesi di un voto segreto. «In Giunta - spiega Rabino, che sarà relatore anche a Montecitorio - non ho sentito questa ipotesi, ma fuori dalla Giunta ho sentito che alcune forze politiche potrebbero avanzare la richiesta di voto segreto». Chi sembra avere già deciso è il senatore dei Cinque Stelle Mario Giarrusso: «Galan? Deve andare in galera per direttissima - dice alla Zanzara di Radio24 - e lo devono portare fuori dalla Camera con le manette ai polsi, come cosa simbolica per dare un esempio.

E i deputati italiani dovrebbero voltargli le spalle quando esce ammanettato, come nella civilissima America». E sparargli, no?

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