Cultura e Spettacoli

Il giornalismo che ha fatto storia: ecco i "pezzi" più belli, da Monelli a Fusco

Una nuova collana della casa editrice Mursia dedicata ai reportage e alle inchieste migliori apparsi sui giornali italiani. Libretti agili, ben curati e a basso costo. Si inizia con il resoconto degli ultimi giorni di Mussolini e un'indagine sul malaffare dei gerarchi fascisti

Il giornalismo che ha fatto storia: ecco 
i "pezzi" più belli, da Monelli a Fusco

Come si dice in gergo: «pezzi d'antologia», anzi «da manuale». Di storia. In qualche modo è l'idea che anima la nuova collana tascabile «Inchiostri» della casa editrice Mursia: ossia un serie che raccoglie le inchieste e i reportage delle migliori firme del giornalismo apparse su quotidiani e riviste italiane dal dopoguerra a oggi. Piccolo formato, ottima grafia, agili (tra le 60 e le cento pagine circa), low cost (massimo dieci euro), i "libretti" della Mursia ripropongono le eccellenze del giornalismo raccontandoci, o ri-raccontandoci, un'Italia - dalla vita sociale alla politica, dalla cultura agli aspetti economici - che non c'è più.
Curata da Beppe Benvenuto e Filippo Maria Battaglia - una "vecchia" e una giovane volpe del giornalismo, già assemblatori, lo scorso anno, dell'antologia «Professione reporter. Il giornalismo d'inchiesta nell'Italia del dopoguerra» (Bur) - la collana «Inchiostri» raccoglie testi d'epoca, sempre in presa diretta, che coniugano la qualità letteraria all'affidabilità storica. Insomma, articoli scritti bene e basati su ricerche e documenti. In fondo, la regola di ogni buon giornalismo.
Tra i primi titoli appena pubblicati della collanina della Mursia, due "pezzi" storici del giornalismo d'inchiesta sul periodo fascista: «Da Milano a Dongo. L'ultimo viaggio di Mussolini» di Paolo Monelli e «Gli arricchiti all'ombra di Palazzo Venezia» di Silvio Bertoldi. Nel primo caso, Paolo Monelli (1891-1984) - una delle firme più note del Novecento italiano, cronista al «Resto del Carlino», la «Stampa», il «Corriere della Sera» e autore di numerosi libri tra memorialistica e saggistica storica, tra cui il suo capolavoro «Le scarpe al sole» del 1921 - racconta le ultime ore di vita di Benito Mussolini. Scritto originariamente per il mensile «Storia illustrata» del numero di aprile del 1965, «Da Milano a Dongo» ricostruisce le frenetiche trattative milanesi con il Comitato di Liberazione, la mediazione del cardinale Schuster - belle e dure le pagine su Mussolini in attesa nell'Arcivescovado di Milano nel pomeriggio del 25 aprile - la lettera di addio alla moglie Rachele, la fuga con i tedeschi, l'arresto e la fucilazione a Dongo insieme a Claretta Petacci (il personaggio meglio raccontato di queste pagine). Insomma, la fine di un capo ridotto allo stremo e di un manipolo di uomini «smarriti, irresoluti, paurosi», sullo sfondo di un'Italia ancora in piena guerra civile. Un'inchiesta impeccabile dal punto di vista cronachistico e ancora di grande forza espressiva: un vero e proprio racconto storico in cui si mescolano i tanti interrogativi che già allora circondavano il crepuscolo del Duce e da sempre al centro di indagini, ricostruzioni, polemiche (un ottimo "pezzo", da leggere magari accanto a un'altra cronaca giornalistica di identico soggetto: «L'ultimo viaggio di Mussolini» di Manlio Cancogni ripubblicato un anno fa dalla casa editrice Le Lettere nella collana «Il salotto di Clio» diretta dal professor Francesco Perfetti).
L'altro titolo di «Inchiostri» invece è una inchiesta particolarmente scomoda e curiosa pubblicata da Silvio Bertoldi nel giugno del 1979 su «Storia illustrata» e che accende i riflettori sulle commistioni tra affari e politica nel Ventennio. Bertoldi - decano del nostro giornalismo, già direttore di «Epoca» e «La Domenica del Corriere», attualmente articolista del «Corriere della Sera», saggista esperto di casa Savoia e di fascismo - indaga sugli affari e la fulminea ascesa economica dei gerarchi: passando al setaccio gli affari della famiglia Petacci, dei Ciano e di ras come Dino Grandi e Roberto Farinacei, il giornalista-investigatore mette a nudo il malaffare dei cortigiani del Duce, impegnati a far incetta di giornali (la corsa alla stampa iniziò dopo il 1925: Grandi mise le mani su «Il Resto del Carlino», Balbo su «Il Corriere Padano», Fareinacci su «Il Regime Fascista», la famiglia Ciano su «Il Telegrafo»...), ad accaparrarsi ville ed edifici, a setacciare titoli azionari (quando non speculano sulle guerre o contrabbandano oro, passaporti e valute straniere). L'unico onesto, a giudizio di Bertoldi, fu proprio il Duce, che non rubò mai e morì povero...
Il prossimi titoli della collana porteranno invece la firma di Paolo Liguori, che nel 1988 per il nostro «Giornale», all'epoca diretto da Indro Montanelli, firmò una celebre inchiesta sui loschi retroscena del «terremoto più ricco del mondo», quello del 1980 in Irpinia; e di Gian Carlo Fusco con il suo «Viaggio in Versilia»: un "leggero" reportage dei primi anni Sessanta, quelli del boom economico, tra vizi e manie della nuova (e vecchia) borghesia: dal Forte d'estate ombelico del mondo, e non solo per le bellezze alla Capannina ma anche per Montale e gli altri sotto il quarto platano del Caffè Roma.

Anche questa è stata l'Italia.

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