Roma

Giovanna Reggiani fu pestata come un pugile sul ring

Picchiata selvaggiamente, strangolata, abbandonata nel fango in fin di vita. È drammatico il racconto delle condizioni in cui Giovanna Reggiani fu ricoverata dopo l’aggressione di un anno fa, all’uscita della stazione di Tor di Quinto. A descriverle è il medico legale Luigi Cipolloni, nel corso della seconda udienza del processo a Romulus Nicolae Mailat, l’uomo ritenuto il responsabile della morte della donna. «Aveva delle lesioni al volto tali da poter paragonare le sue condizioni del viso, per capirci, a quelle di un pugile al termine di un incontro di boxe», spiega in aula Cipolloni. Il medico visitò la donna sia il giorno dopo l’aggressione sia una volta deceduta. E il dottor Cipolloni ebbe modo di vedere anche Mailat, il presunto aggressore, oltre a fare un sopralluogo sul posto in cui andò in scena la tragedia di quella sera. «Quando l’ho visitata era in coma quasi irreversibile - ha detto l’esperto nel corso dell’udienza - con lesioni rilevanti a bocca, occhi e naso, tali da alterare il suo normale profilo anatomico orbitale. Lesioni ed ecchimosi erano anche sul braccio destro, compatibili con una dinamica di afferramento da aggressione». Dalle analisi, ha riferito ancora il medico legale, emerse la circostanza di un cospicuo sanguinamento avvenuto probabilmente a cause delle ferite inferte sul corpo. Il dottor Cipolloni ha poi riferito dello stato di ipotermia in cui fu ritrovata la donna, nonché dell’edema encefalico riscontrato. E ha chiarito le difficoltà nell’accertare con sicurezza se le cause del decesso siano riconducibili alla violenta aggressione subita o a uno strangolamento. Giovanna Reggiani venne infatti soffocata, probabilmente con un laccio, dopo essere stata afferrata alle spalle. L’aggressione poi sarebbe proseguita, probabilmente frontalmente, con l’uso della mani. Ma appunto, secondo l’esperto, non è possibile affermare con certezza se sia stato causato prima il trauma cranico o l’asfissia, e di conseguenza determinare quale sia stata la causa del decesso.
Quanto alla dinamica dell’aggressione, a parere del medico legale vi sarebbe stato prima il tentativo di strangolamento, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di infierire ulteriormente sulla donna per vincere la sua resistenza.
C’è poi il dettaglio più inquietante. La Reggiani, ha spiegato infatti Cipolloni, presentava «una grave ipotermia con una temperatura di 30 gradi, 6-6,5 in meno di quella normale, e una notevole anemizzazione per una corposa e prolungata perdita di sangue, soprattutto dal naso e, in generale, per le ferite al volto per la mancanza di soccorsi immediati». Ferita, in condizioni disperate, quasi svestita, senza stivali e giubbotto la donna restò a lungo nel campo prima di essere ritrovata.

«Era stata lasciata esanime ed esposta alle intemperie - ha concluso il medico - infatti quella sera pioveva in modo cospicuo, e la temperatura era piuttosto rigida».

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