La giustizia clemente con i «poveri» assassini

La giustizia perdonista è figlia del Sessantotto. Figli del Sessantotto sono infatti i suoi tre principali presupposti. Il primo è l’idea che la cosiddetta piccola criminalità non dovrebbe essere oggetto di giudizio e di condanna, ma di comprensione e perdono, anzi di simpatia e solidarietà, giacché la condanna e il giudizio devono riguardare piuttosto i tanti fattori sociali e familiari che ne sarebbero le cause «a monte». Il secondo - logico complemento del primo - vuole che i soli crimini che è davvero necessario e giusto perseguire e castigare, siano quelli che si commettono nelle alte sfere del potere politico, industriale e finanziario. Il terzo è infine il grande miraggio etico-politico dal quale derivano entrambe queste fisime, ossia il caro vecchio ideale della Distruzione del Sistema.
L’ideologia perdonista che oggi ispira le nostre avanguardie giudiziarie è insomma una variante di quella che ispirò i nostri anni piombo. Il sogno è in effetti ancora quello che allora abbagliò alcune migliaia di ragazzi borghesi imbaldanziti dalle prime luci della nostra società del benessere: colpire al cuore lo stato, abbattere il capitalismo, vibrare il colpo di grazia alla società borghese. La differenza riguarda soltanto le forme della lotta.
Allora questi ideali furono perseguiti dal partito armato meditante l’esecuzione quotidiana di un bel programmino di tumulti, cortei, sparatorie, attentati, rapimenti, incendi, appelli, espropri proletari e scontri a fuoco con la polizia, compreso quel massimo prodotto del suo genio politico che fu la strage di via Fani. Oggi la stessa causa viene invece servita nei tribunali mediante un’arma che non è più la guerriglia urbana bensì una vera e propria guerriglia giudiziaria combattuta a suon di sentenze ispirate a quel nobile principio anticlassista che impone la massima severità coi grandi (veri o anche soltanto supposti) criminali della politica e della finanza e la massima indulgenza con quei poveri cristi dei piccoli assassini.
Gli eroi di questa nuova forma di guerriglia anti-sistema pretendono infatti di combattere una causa anti-classista. Balle. A dimostrare il contrario basta il fatto evidente che le vittime della cosiddetta «piccola criminalità» non appartengono mai alle classi alte. Abitualmente appartengono alle seguenti categorie: vecchiette alle quali lo scippatore, scippando la borsa, a volte scippa anche la vita; modeste famiglie domiciliate in abitazioni sfornite di efficaci dispositivi di sicurezza; il vasto popolo dei piccoli commercianti acquattati in negozietti anch’essi privi di adeguati sistemi di protezione e di allarme; infine tutti quei poveretti e quelle poverette, appartenenti a famiglie indigenti o di umile condizione, che vengono spesso accoppati, come Maria Antonietta Multari, da noti assassini a piede libero. Gli eroi della guerriglia giudiziaria ce l’hanno dunque con le classi povere?
guarini.

r@virgilio.it

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