Sembra certo che il gruppo di Prodi voglia veramente la fine della storia comunista. Questa volontà negativa di distruggere una storia piuttosto che quello di fondarne unaltra appare nella volontà del gruppo di potere del presidente del Consiglio.
Quando Salvatore Vassallo, teorico istituzionale del prodismo, chiede di abolire le feste dellUnità sostituendole con le feste dellUlivo, mostra di voler colpire la radice di quel filone popolare che un partito, così ortodosso con Mosca come il Pci, seppe creare negli anni 50, cercando di imitare e sostituire le feste cattoliche del santo patrono. Venne così riconosciuto il carattere locale e popolare della vita italiana nel ruolo che la tradizione cattolica esercitava su di essa.
Le feste dellUnità sono state dunque il sacramento laico del comunismo in versione nazionale e furono un così grande successo da far sì che il Pci fosse la sola forza a sopravvivere alla prima Repubblica. Il Pci era un partito avverso alla struttura della società italiana e manteneva la sua cultura rivoluzionaria, ma, al tempo stesso, rinviando il giorno della rivoluzione, finiva per sopprimere la tradizione dominante della sinistra italiana, il massimalismo, che non a caso era stato la prima sorgente del fenomeno che divenne poi il fascismo.
Il tentativo di DAlema di fondare un partito socialdemocratico in Italia finì con la crisi del suo governo, che aveva scelto di intervenire con gli americani e gli europei nella questione del Kossovo giungendo a bombardare la Serbia.
Era la scelta socialdemocratica compiuta sul terreno più difficile, quello della pace e della guerra, su cui si concentrava il neomassimalismo della sinistra che contagiava anche tanta parte del mondo cattolico. Da allora il Pds perse il nome di partito, divenne un insieme di singoli (i Ds), perse lentamente quelle che erano state le caratteristiche del comunismo italiano. E ciò lo condusse alla subordinazione, al massimalismo, sia nel Ds che nella sinistra antagonista. E per questo fu obbligato a convivere con il gruppo di potere legato a Romano Prodi che corrispondeva a interessi economici e finanziari italiani ed europei.
Questo gruppo desiderava non solo la subordinazione del gruppo dirigente diessino a direzione di Prodi, ma anche il suo annullamento come gruppo. Ciò comporta per Prodi una duplice strategia, quella dellappoggio ai poteri economici e finanziari e quella dellintesa con la sinistra antagonista. Ciò ha comportato un duro attacco al blocco storico postcomunista con le cooperative rosse nel caso dellacquisto della Banca Nazionale del Lavoro.
Da questo momento DAlema e Fassino sono come gli esponenti dei partiti democratici, soggetti alle indagini della magistratura milanese e quindi in condizione di inferiorità rispetto al gruppo di Prodi. Ciò costituisce paradossalmente la forza di un governo che comporta linclusione dellantagonismo nella maggioranza di governo dando a Prodi il compito di mediarla con gli interessi del mondo economico finanziario. È una buona formula di potere perché consente il governo come lotta di tutti contro tutti, raggiungendo mediazioni su ogni singolo punto per far coesistere linsieme. Ma non comporta affatto unidea di governabilità. Così accade che il massimalismo divenga il linguaggio più diffuso, sia che riguardi gli interessi dei sindacati, di corporazioni e di località; e quindi consuma il concetto stesso di Stato come capacità di guidare secondo una linea propria la vita sociale del Paese.
Il Partito democratico è dunque soprattutto la fine del Pci; e questo toglie alla sinistra la sua identità riducendola nella forma organizzativa che struttura primarie e potere, ma non ha più cuore. Il prodismo è la peggior soluzione della questione cattolica insieme alla questione comunista: ed il Partito democratico è la forma del prodismo.
Curiosamente la fine storica del partito di Togliatti finisce non nella costituzione di uno Stato, ma nella dissoluzione di esso, lantagonismo e il massimalismo divengono il linguaggio della politica italiana.
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