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I padroni abbandonati

I padroni abbandonati

I canili italiani straripano, costano un sacco di soldi e in molti casi sono gestiti in maniera pietosa e al limite della legalità. Allo stesso tempo però le adozioni di randagi sono in calo, del 10% solo nell'ultimo anno. Ma non è questione di insensibilità da parte delle famiglie. Si tratta piuttosto di costi sempre più insostenibili per mantenere un cane in casa.

A quanto pare i primi ad essere abbandonati sono i padroni. Abbandonati dallo Stato. Che concede sgravi fiscali irrisori (con detrazioni Irpef di 17 centesimi all'anno per chi dichiara 130 euro per mantenere il proprio cane e rimborsi massimi fermi a 49 euro), fa pagare i farmaci veterinari da 3 a 25 volte più di quelli per gli uomini e applica un'Iva del 22% sulle spese veterinarie e di mantenimento. Come se salvare un cane equivalesse a comprarsi una cassa di bottiglie di Champagne o una barca. Paradossalmente, mentre il Fisco concede un'aliquota agevolata su fiori recisi, francobolli da collezione e tartufi, non concede sconti su bocconcini e vaccinazioni obbligatorie. Non solo, è programmato per l'anno prossimo un ulteriore aumento dell'Iva: fino a 24,2% dal primo gennaio dell'anno prossimo e al 25% dal 2021.

Le detrazioni

Inutile dire che nel Documento economico finanziario di quest'anno non c'è traccia di alleggerimenti delle spese per gli animali. Il problema è stato sollevato con un emendamento dell'Intergruppo parlamentare diritti animali e ambiente presieduto da Michela Vittoria Brambilla, che ha raccolto gli appelli delle associazioni animaliste e dei veterinari. Il provvedimento, presentato in commissione Sanità e in attesa di essere discusso in commissione Bilancio, potrebbe correggere la Manovra in corner e equiparare l'Iva sulle prestazioni sanitarie e sul cibo per cani e gatti adottati a quelle per gli esseri umani. Seguendo l'esempio di quanto avviene in Spagna dove il governo Sanchez ha proposto di portare l'Iva al 10%. «Non è accettabile che il tetto massimo alle detrazioni sia pari a 49,58 euro, come accadeva in lire vent'anni fa, quando le condizioni economiche e le prestazioni veterinarie erano molto diverse - spiega Brambilla -. La via è cambiare registro con una politica, fiscale ma non solo, che sia finalmente amica di chi sceglie di convivere con animali d'affezione. Se avere un cane o un gatto costa così tanto, non possiamo stupirci che sia così difficile svuotare i canili».

L'emendamento potrebbe sbloccare la situazione attuale. Una situazione in cui lo Stato tiene in catene cani e padroni. Imponendo obblighi ma concedendo pochi aiuti. La sterilizzazione, ad esempio, è prevista per legge per i randagi nei canili ma costa tra i 150 e i 350 euro anche per i padroni che adottano un cucciolo trovatello. Idem le vaccinazioni (25 euro l'una). «Se io salvo un cane e non ho scopi di lucro - sostiene Gianluca Felicetti, presidente della Lega anti vivisezione Lav - non è giusto che debba pagare la stessa Iva di chi ha un'attività commerciale legata agli animali. Non dico di incentivare le adozioni, ma almeno non penalizzarle equiparandole a un lusso, come se salvare la vita di un animale fosse superfluo». Se il numero delle adozioni aumentasse, anche la situazione dei canili migliorerebbe. E il Fisco risparmierebbe. Oggi invece la situazione in Italia è a macchia di leopardo.

Canili nel mirino

Ci sono i Comuni che gestiscono al meglio i soldi per gestire i ricoveri dei randagi, esentano dal pagamento delle tasse municipali i cittadini che adottano, aprono al pubblico per incoraggiare a conoscere i cani. E poi ci sono i Comuni che tengono le gabbie e gli animali in condizioni da denuncia e non gestiscono il denaro pubblico in modo esattamente limpido. Non solo, in base alla legge di prevenzione al randagismo del 1991, aggiudicandosi la gestione dei randagi, i responsabili di «rifugi/canili» privati possono contare su un contributo che va da 2 a 7 euro al giorno per ogni cane e il totale può giungere a cifre elevatissime. Rappresentando un business che come priorità non ha sempre la salute del cane. Ogni anno lo Stato investe 200 milioni di euro (presi dalle nostre tasse) per mantenere i canili e, in base a una stima degli animalisti, il popolo dei randagi abbandonati si aggira sui 130mila cani. Di fatto ogni animale ci costa 1.500 euro all'anno. Non poco, soprattutto se si pensa alle condizioni in cui vive. «Per questo ci sembra paradossale infierire sui padroni privati. Rivedendo i costi, lo Stato potrebbe anche spendere meno nell'erogazione di fondi ai Comuni» insorgono gli animalisti.

Il nodo sanitario

L'attuale sistema fiscale colpisce almeno 7 milioni di cani e 7,5 milioni di gatti che vivono in famiglia. Secondo l'indagine Eurispes 2018, il 32,4% degli italiani vive con almeno un animale domestico e pur di curarlo e farlo mangiare nel modo giusto dice di essere disposto a rinunciare a qualche spesa per sé, soprattutto negli ultimi anni di crisi. Spesso i farmaci per uomini e animali sono molto simili, se non addirittura identici. Non altrettanto si può dire dei prezzi. Il veterinario però non può prescrivere i meno cari, cioè quelli per gli umani, pena una sanzione che va dai 1.500 agli oltre 9.200 euro. Un esempio: il Diuren, un diuretico per animali, nella confezione da trenta compresse da 20 mg, costa 8,20 euro contro l'1,72 euro dell'analogo umano, il Lasix. Per entrambi i farmaci il principio attivo è il furosemide. Costa ben 26 volte in più una confezione di Vitamina K1, un antiemorragico per uso animale, rispetto al Kanakion a uso umano anche se il principio attivo è per tutti e due il fitomenadione. Equiparare le spese renderebbe più facile occuparsi di un cane, incentivando le adozioni. Inoltre se l'aliquota Iva venisse abbassata, anche i comuni potrebbero risparmiare sulle spese veterinarie per i randagi.

In questo affresco contraddittorio sulla mala gestione del randagismo, nemmeno la categoria dei veterinari è soddisfatta di come vanno le cose. E ha presentato la sua proposta al ministero della Salute. A sottoscriverla è la Anmvi, l'associazione nazionale dei medici veterinari che, come primo punto, chiede di incentivare la sterilizzazione. Sterilizzare cani e gatti può evitare 70mila nuovi randagi in soli sei anni. «Senza i veterinari liberi professionisti che sterilizzano - spiega il presidente Marco Melosi - non si va da nessuna parte». Tra i punti chiave da inserire nel Def anche un sistema di premialità, in Italia del tutto inesistente se non per iniziativa di qualche sindaco illuminato, e la creazione di un'anagrafe canina nazionale.

Che non c'è ancora.

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