Controcultura

I sofismi diplomatici degli alleati con gli arabi

Così il principe Feisal raccontava all'amico inglese come gli occidentali fossero poco affidabili

I sofismi diplomatici degli alleati con gli arabi

di T.E. Lawrence

8 gennaio 1917

Colonnello Wilson,

la storia che segue mi è stata raccontata da Feisal in confidenza. Spero tu ne rispetti le condizioni. Mi sembra un discorso piuttosto illuminante. Ho preso appunti mentre mi parlava. «Quando sono andato a Rabegh, il colonnello Brémond mi ha chiesto di incontrarlo sull'Haj. Pensavo di non andarci, ma il colonnello Wilson ha detto: Subhan Allah, perché no? quindi mi ci sono recato. Ho incontrato il colonnello Brémond e Cadi e ci siamo congratulati l'un l'altro per l'onore e il piacere che provavamo reciprocamente. Dopo un po' di questi convenevoli, per tastare il terreno, ho fatto un breve discorso in onore della Francia. Questo è stato ben accolto e così ho sviluppato l'idea gradualmente, dicendo che mi è stato assicurato che la Francia, la madre delle buone maniere, la bandiera della libertà, il rifugio degli oppressi, la creatrice e la patrona dell'ideale di nazionalità, deve guardare con ogni simpatia e speranze alle prime lotte del popolo Arabo, dopo sei secoli di tirannia Turca, per conquistarsi un po' della gioia e della libertà dell'Europa occidentale. La storia della Francia è stata per noi fonte di ispirazione, e mi faceva piacere ritrovarmi in comunione con la grande corrente del sentimento Francese, combattendo a fianco e per loro in una guerra santa contro il comune nemico. Mio padre, lo sapevo, era d'accordo con me. Speravo che il colonnello Brémond fosse contento che i capi Arabi si rendessero conto che gli Arabi, nel loro umile modo, stavano collaborando con la Francia per assicurarle le ambite province dell'Alsazia e della Lorena, proprio come la Francia a Verdun stava appoggiando l'Arabia per gli Arabi.

Ho detto che gli Arabi stavano facendo del loro meglio, ma che erano un popolo vecchio e frammentato, privo di tutti i moderni sviluppi e apparati, o di innata fiducia in se stessi, tranne che nel sangue dei propri martiri, morti a Damasco per la razza. Ho detto che ero felice di accoglierli quali rappresentanti della Francia, in un porto che ora mani Arabe avevano liberato dal fardello Turco, e li ho pregati di rendermi partecipe dei loro piani e delle loro intenzioni in modo che potessi aiutarli per quanto mi riguardava. Detto questo, ho visto i loro volti diventare rossi in parte e gli occhi confondersi. Dato che non stavo ascoltando le loro parole (tutti complimenti) ma osservavo i loro volti per intuire le sotterranee ondate di sentimenti, ho deciso di spingerli un po' oltre. Ho detto che l'obiettivo e lo scopo comune degli Alleati imponevano loro fiducia reciproca e un'unità di intenti e sforzi di fronte al nemico, se si voleva raggiungere la vittoria finale. Quando hanno risposto sì, ho solo detto che gli Arabi stavano facendo la propria parte nel combattere i Turchi con cui erano in contatto da nord a sud e che altro non potevano fare al momento. In effetti, avevamo bisogno di aiuto, nonostante la liberalità della Gran Bretagna, che era stata per noi fonte di benefici, e ci aveva dato tutto ciò che poteva mettere a disposizione, generosamente, con fiducia, senza stabilire condizioni o cercare controlli. La Gran Bretagna, fidandosi di noi, ci ha imposto un debito di gratitudine che può essere soddisfatto solo da una futura sincera collaborazione con lei, oltre alla nostra dovuta riconoscenza per tutto ciò che abbiamo e che siamo.

Tuttavia, non era un'offesa per l'Inghilterra dire che un'ulteriore assistenza sarebbe stata benvenuta e, se le chiare condizioni fossero state le stesse, avremmo dovuto assumerci gli stessi obblighi.

Loro hanno detto che dovevo ricordare come la fermezza e la forza degli attuali legami tra gli Alleati non li rendessero ciechi davanti alla consapevolezza che queste alleanze erano solo temporanee e che tra Inghilterra e Francia, Inghilterra e Russia giacevano semi così profondi e radicati di discordia che non si poteva cercare un'amicizia permanente».

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