I timidi passi dell’islam contro i fondamentalisti

Nell’immobile Islam qualcosa si muove. Una donna, Amal Abdallah al-Kobaissi, è stata eletta al Consiglio nazionale federale nelle prime elezioni nella storia degli Emirati Arabi Uniti. Questo lo si può considerare un fenomeno del tutto nuovo e riguarda la partecipazione delle donne alla vita pubblica, ma c’è di più e da due lati ben diversi dello stesso agitatissimo parallelepido: l’annuncio dall’Egitto che in diversi governatorati sono state nominate delle «Guide» (il termine arabo è al femminile) nelle moschee e che una richiesta in tal senso è scaturita dal raduno delle comunità di immigrati di origine marocchina in Italia.
La prima di queste novità viene dall’interno dell’Islam e non certo da uno sperduto staterello: per la prima volta nella storia di questo paese vengono nominate un certo numero di murshidah (ovvero «Guida» sottinteso «spirituale») nelle moschee. C’è da veder tremare le piramidi soffermandosi a notare come un paese profondamente e inequivocabilmente arabo e musulmano come l’Egitto non trovi niente di strano nell’affidare tale compito - novità assoluta - a delle donne, e tutto ciò, come è stato sottolineato, «in base ai precetti coranici e della shari’ah». È anche vero che subito dopo è stata negata la notizia diffusa dalla stampa che esse sostituiscono gli Imam, ma usando il microscopio si possono fare delle osservazioni interessanti.
Guardando all’arabo vien da osservare come questo nuovo termine di «Guida» sia più pregnante in materia di quello tradizionale di Imam. Mentre Imam vuol dire «colui che sta davanti» (sottinteso «durante la preghiera») il nuovo termine viene dalla radice «ben dirigere», termine riservato nella storia solo ai primi quattro Califfi che tutto l’Islam, anche quello particolare degli sciiti, riconosce come tali. A queste notizie possiamo aggiungere quella scaturita dal raduno, tenutosi a Roma, delle comunità di immigrati di origine marocchina, con l’approvazione di molte nozioni di identica importanza.
Un primo «no» è dedicato al proliferare incontrollato di moschee e scuole islamiche. È un centrare il problema come possono fare, volendo, solo coloro i quali conoscono e vivono la prassi religiosa quotidiana. Verrebbe così a cadere il connubio instauratosi tra gli autonominatisi Imam di origine arabo-musulmana e i neoconvertiti italiani, gli uni più ignoranti degli altri in materia di Islam: persone che eccitano i poveri di spirito o si esibiscono nei dibattiti televisivi. Proseguendo su questa via si è arrivati a chiedere la sconfessione dell’interpretazione classica del dettato coranico in materia di velo che, come ben sanno i grandi studiosi musulmani, impone di coprire «la spaccatura» e non di più, in parole povere di portare le mutande. Ironia della sorte: questo dopo che un ministro dell’attuale governo italiano ha detto che il velo è bello. Infine un secco «no» all’introduzione nel nostro ordinamento del matrimonio islamico che comporta la poligamia.

Considerato che gli immigrati di origine marocchina sono oltre un terzo del milione e mezzo di musulmani, tra clandestini e regolari che oggi vivono nel nostro paese, queste novità non sono da trascurare.

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