Roma

I vigili urbani minacciano un autunno caldo

I vigili urbani minacciano un autunno caldo

Germana Brizzolari

È quasi settembre, mese dei buoni propositi. Ma la Polizia municipale di Roma, questa volta, chiede che alle intenzioni il Campidoglio faccia seguire i fatti. Anche perché l’emergenza incombe: oggi inizia il campionato di calcio, tra un paio di settimane le scuole e quanto al terrorismo è una minaccia sempre incombente.
Sarà. Intanto il consiglio comunale prima delle vacanze ha bocciato quattro ordini del giorno presentati da Luca Malcotti, consigliere di An per chiedere nuove motociclette (peraltro esistenti e utilizzate in occasione delle parate militari), mezzi adeguati per provvedere alle esigenze dei fermati, equipaggiamento idoneo per i vigili e cellulari per il trasporto di persone. Per il capogruppo di An del XX municipio, Ludovico Todini, e per il vicepresidente del consiglio del III, Giovanni Del Prete, la logica con cui erano stati presentati gli ordini del giorno «prescindeva da qualunque contrapposizione di parte. Non a caso i documenti sono stati discussi prima dell’assestamento di bilancio, perché ci fosse adeguata copertura finanziaria. Ma ugualmente sono stati respinti».
Ma i temi caldi sul tavolo sono tanti. «Su tutti - spiega Luigi Marucci, presidente dell’Ospol - la predisposizione di un contratto di lavoro decentrato e l’armamento della Polizia municipale, ma anche un collegamento capillare con le centrali radio e un parco veicoli appropriato». A livello nazionale esiste, infatti, un unico contratto che equipara gli agenti della municipale agli impiegati comunali, che però hanno impegni, orari e rischi ben diversi. «I vigili urbani lavorano in turnazione 24 ore al giorno - continua Marucci -. Non esistono festività e si presta servizio anche a Natale, Ferragosto e Pasqua, indossando una divisa. In realtà gli agenti assomigliano più alla Polizia di Stato che a un dipendente che svolge un’attività d’ufficio. Credo sia giusto e coerente immaginare una differenziazione economica e un sistema di incentivi per chi lavora in strada, correndo seri rischi per la propria incolumità personale».
Per Gabriele Di Bella, segretario del Sulpm, «il 30 settembre sarà per noi il momento della verità, dopo la pre-intesa firmata a luglio con l’amministrazione comunale. Attualmente viviamo una sorta di tregua armata, visto che per lo meno a parole il Comune ha capito che il vigile urbano non è un impiegato in divisa. Se a ottobre, una volta conclusa la fase istruttoria, non si dovesse arrivare alla ratifica di un accordo, posso promettere sicuramente un autunno caldo, con la Polizia municipale pronta a incrociare le braccia». In molte città italiane - Milano, Torino, Palermo - il contratto degli agenti della municipale è stato già modificato da tempo, anche per superare il problema dell’armamento, non previsto nel contratto nazionale. Paradossalmente, in numerose cittadine laziali, come Ladispoli, Monterotondo e Mentana - sicuramente meno pericolose di Roma - oltre alla pistola, i vigili urbani possono indossare anche la sciabola di rappresentanza. In alcune città emiliane i vigili, oltre all’arma da fuoco, portano con sé anche uno sfollagente, mentre gli agenti romani si possono difendere solo con uno «spruzzino» urticante. «In questo periodo di forte preoccupazione terroristica - si lamenta Marucci - la municipale è allertata come la Polizia di Stato, ma senza avere armi. A Milano i tremila agenti in organico si addestrano nei poligoni di tiro, effettuano arresti e traduzioni in carcere; esiste inoltre una squadra anti-terrorismo attrezzata con maschere antigas. A Roma mancano più di duemila agenti, e quelli che ci sono spesso sono appiedati o privi di un collegamento radio con le centrali». E sempre sul tema sicurezza, Di Bella ricorda il caso dell’ex XIV circoscrizione di Roma, oggi comune di Fiumicino: il giorno dopo essersi staccati dall’amministrazione capitolina, gli agenti municipali erano «diventati un corpo a norma, con tanto di armi».

Tiziano Prandi, della Uil del III gruppo, ricorda alcuni problemi ormai annosi: «Carenza di locali, precarie condizioni igieniche, una differente interpretazione delle regole e delle direttive del corpo da parte di qualche gruppo, con conseguente ripercussione sulla cittadinanza e sul personale in servizio».

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