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Gli indecisi e le Borse in ripresa: così McCain va alla riscossa

La crisi economica comincia a spaventare meno e gli elettori indipendenti ripensano la propria intenzione di voto per Obama

Gli indecisi e le Borse in ripresa: così McCain va alla riscossa

nostro inviato a Durham (North Carolina)

Jeff Moore non ha ancora deciso per chi votare. È un indipendente e nel 2004 votò Bush. Una settimana fa avrebbe scelto Obama, ma ora è titubante. La ripresa di Wall Street ha attenuato l'ansia sull'economia, facendo riemergere i dubbi su Obama. «È pronto a guidare il Paese? Ma chi è davvero Barack?». Jeff abita nella Carolina del Nord, ha 38 anni, è bianco, appartiene alla classe media. E non è l'unico a pensarla così. Circa 20 milioni di elettori sono indecisi o comunque pronti a cambiare opinione, secondo l'Associated Press soprattutto negli Stati rossi, ovvero conservatori, come questo o la Virginia.
John McCain conta su di loro per mettere a segno una rimonta che la maggior parte degli esperti ritiene impossibile, ma a cui il suo sondaggista Bill McIntruff continua a credere, dati alla mano. L'ultimo di Zogby dà il candidato repubblicano indietro di cinque punti, ma in rimonta e in una rilevazione parziale, avanti addirittura di uno. E il megaspot trasmesso l'altra notte in tv non ha prodotto l'effetto sperato. Al contrario: i consensi per Obama sono leggermente calati.
Ormai l'America è spaccata in due. Da un lato c'è l'entusiasmo dei democratici, appassionato, travolgente, quasi mistico. Sentono la Storia, una chance di rinascita, di rifondare il Paese dopo i disastrosi otto anni di Bush. E Obama è il loro messia. Dall'altra la perplessità di chi proprio non riesce a identificarsi con il candidato democratico. E non solo per via del colore della pelle. Obama è giudicato da molti cittadini troppo a sinistra e non abbastanza patriottico, non abbastanza preparato, non abbastanza esperto. Un mosaico di perplessità che la crisi economica aveva infranto, ma che una settimana tutto sommato serena ha ricomposto. Jeff ha ragione: il balzo del Dow Jones aiuta, così come la notte di Halloween, il tracollo del prezzo della benzina. Un'America meno arrabbiata è senz'altro più sensibile al richiamo di McCain.
E sul terreno la battaglia infuria. Non c'è dubbio: la campagna democratica è stata fenomenale. Obama ha raccolto più fondi, ha aperto più comitati elettorali anche nelle aree più remote della Carolina del Nord o del Missouri, ha molti più volontari. Ma il partito repubblicano può contare su banche dati sofisticate e su tecnologie avanzate. «Negli ultimi sette giorni abbiamo raggiunto 5,7 milioni di elettori al telefono o con le tradizionali visite porta a porta» annuncia Mike Duhaim, direttore politico della campagna di McCain. «Quattro anni fa nello stesso periodo Bush-Cheney ne contattarono 1,9 milioni». Il triplo rispetto a tre anni fa. Un record, che innervosisce i democratici, mentre si fa più precisa la mappa elettorale.
McCain si gioca tutto in Ohio, che attribuisce 21 voti elettorali: se non riesce a conquistare questo Stato la partita è chiusa. Per due giorni lo ha percorso a bordo del pullman elettorale e venerdì sera ha chiamato il governatore della California Arnold Schwarzenegger a dargli una mano. In un comizio a Columbus, l'ex attore ha galvanizzato la base repubblicana, prendendo in giro Obama: «Lo vedo un po' magrolino, avrebbe bisogno di fare un po' di body building. Dovrebbe mettere un po' di carne anche nelle sue idee e prendere esempio da McCain, un eroe che ha sopportato cinque anni di prigionia in Vietnam». McCain è indietro di 4-5 punti, ma con un alto numero di indecisi e dunque può ancora farcela.
Il secondo Stato cruciale è la Pennsylvania (21 voti), che in teoria è democratico, ma dove i repubblicani sono in fortissima rimonta.
Si aprono così due scenari. Il primo è il più verosimile: McCain vince in Pennsylvania in più ottiene tutti gli Stati conquistati da Bush nel 2004 tranne Virginia (13) e Colorado (9). Risultato: McCain 273, Obama 265. Ma anche senza la Pennsylvania potrebbe farcela. Se il candidato democratico vincesse tutti gli Stati conquistati da Kerry nel 2004 più New Mexico (5) e Iowa (7), ma il suo rivale i rimanenti, McCain vincerebbe 274 a 264.


Fantascienza? Sì se si guardano i sondaggi ufficiali, che in molti Stati chiave lo danno in ritardo talvolta di nove punti; ma McCain non li ritiene affidabili e avverte: «Sono l'uomo delle rimonte impossibili».

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