Di tutti i padri fondatori, John Adams fu probabilmente il più strano. Non era un grande fan della democrazia. Anzi. Più volte, durante il suo mandato, una delle accuse che gli fu mossa dai suoi avversari fu quella di essere troppo filo monarchico. Successe a Washington e di fatto la sua presidenza fu la prima in cui fecero fortemente capolino i partiti politici. Alle elezioni del 1796 si presentarono i repubblicani con Thomas Jefferson e i federalisti con John Adams.
I partiti erano appena nati, ma nascondevano già il germe delle loro future difficoltà. Proprio quello federalista era dilaniato da una specie di correntismo: da una parte il moderato Adams, dall'altra il più estremista Hamilton, il quale in quella tornata elettorale fece di tutto affinché il candidato federalista fosse il suo protetto Pinckney. La spuntò Adams, invece, il quale vinse anche le elezioni. Nonostante la sua moderazione, il secondo presidente degli Stati Uniti era profondamente convinto che la miglior forma di governo fosse quella con un leader molto forte, che guida un esecutivo altrettanto forte, che tenesse in equilibrio due Camere che rappresentassero i ricchi e i poveri. Teorico del potere assoluto nelle mani di poche persone, in realtà nei suoi quattro anni di mandato fu talmente democratico da farsi sfilare la presidenza da sotto al naso per colpa delle guerre intestine al suo stesso partito. Invece di rifare da zero il governo, lasciò nell'apparato molti uomini di Washington, i quali per molto tempo diedero più retta alle indicazioni che arrivavano dall'esterno del gabinetto che dall'interno. In particolare, la destabilizzazione arrivava da Hamilton, vecchio rivale interno di Adams che teneva sostanzialmente in mano il partito. Formalmente era a New York impegnato con la sua attività di avvocato, in realtà Hamilton guidava un manipolo di uomini che spesso erano i principali ostacoli per Adams alla realizzazione delle sue decisioni.
La caratteristica principale della presidenza Adams fu quella di resistere alla tentazione di una guerra con la Francia che da più parti (e in special modo dagli hamiltoniani) veniva invocata. Anzi, per dirimere le tensioni con Napoleone e i suoi, Adams scelse la via diplomatica pura, contestando anche la nascente e già diffusa pratica delle mazzette: quando scoprì che i diplomatici francesi chiedevano denaro per intavolare la trattativa tra Usa e Parigi, il presidente fece scoppiare uno scandalo che si tradusse in una guerra, mai formalmente dichiarata, combattuta solo per mare. Le ostilità si chiusero con la firma di un accordo e con l'immagine di risolutore di problemi del presidente. In quella circostanza e in altre, Adams mise a frutto la sua esperienza da diplomatico: prima di diventare presidente, infatti, era stato rappresentante della neonata Repubblica americana in Francia, Olanda e Inghilterra. Nonostante la buona riuscita degli accordi con la Francia, la sua presidenza finì dopo un solo mandato. Nel 1800 fu sconfitto da Thomas Jefferson e si ritirò a vita privata, in Massachusetts.
Insofferente ai partiti (compreso il suo) Disse no alle tangenti ed evitò una guerra
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